“Le forme dell’addio. L’amore contro l’abuitudine.”
Lo ha scritto la psicoterapeuta Umberta Telfener ne “Le forme dell’addio” che l’amore non può e non deve essere un’abitudine. In realtà, occorrerebbe prestare attenzione anche alla scelta dei singoli verbi. Noi essere umani, possiamo concederci tutto , ma il principio di fondo, per evitare inutili dissertazioni, è quello della razionalità. Cadiamo, con quest’ultimo termine, di fatto, nei meandri più volte discussi della psicoanalisi : essere razionali, significa non percepire emozioni? Niente affatto. La razionalità dovrebbe fungere da metro propiziatorio nelle interazioni fra gli esseri umani; è la briglia che ci fa tenere la testa sul collo . Se è vero che l’amore corrisponde ad un rilassamento cerebrale o quantomeno ad un accelerato impulso dei sensi e del cervello , è anche vero che per essere in grado di gestire la nostra emotività, occorre concentrarsi sulle potenzialità del sentimento, ma soprattutto , su quanto siamo disposti a dare senza sottrarre troppo al nostro ego. Il discorso è davvero complesso (se pensiamo a quante teorie, analisti, scienziati, filosofi, autori, abbiano approntato per individuare una giusta soluzione al mal d’amore o all’insana passione) , ma è possibile delineare un percorso standard : l’amore è un’emozione e come tale deve essere vissuto. Esiste un tempo per ogni relazione, più o meno lungo, ed è dunque necessario puntare tutto sulle sfumature , sui singoli momenti, sulle piccole sensazioni. L’autenticità del sentimento si fonda sulla capacità degli individui di esprimerlo, coltivarlo e preservarlo. In che modo? Componenti fondamentali sono : il rispetto, la stima, la tenerezza, il sesso e la fiducia. Un dialogo alquanto infantile , tra due individui adulti (un uomo e una donna), viene analizzato. Lei è alla ricerca di conferme, di affermazione e maltratta le proprie qualità , infervorando la propria ossessività e dunque manifestando il desiderio di sentirsi dire che le sue sopracciglia sono stupende, come il naso, gli occhi e il carattere . L’uomo acconsente. La ama, la desidera. Uno dei due fa un passo avanti: cresce. L’altro resta indietro. La storia finisce. Il meno precoce soffre, si dispera, dilania il proprio essere in quanto avverte la consapevolezza del legame come una sicurezza, non come un componente aggiuntivo. Definire in questi termini l’amore, può sembrare riduttivo, ma in realtà a conti fatti (per così dire) è così. Giulia al mattino si alza, va a lavoro poi in palestra , ha una vita attiva, insomma. Ama Claudio incondizionatamente, lo ascolta (ed è ascoltata), vanno al cinema insieme, a letto l’intimità padroneggia, hanno in mano il senso del legame. Giulia c’è, ma potrebbe non esserci più : potrebbe innamorarsi di un altro, scegliere un’altra vita, ritirarsi in un eremo, ma resterebbe Giulia. Stesso discorso per Claudio, che la ama alla follia. Se Giulia improntasse la propria esistenza sul modello umano di Claudio, qualora la relazione giungesse al capolinea, avrebbe serie difficoltà nell’affrontarne gli effetti. Quel che conta, dunque, è saper gestire le dosi, dandosi alle emozioni, ma mettendo in conto tutto . Un poeta , agli inizi del Novecento, scriveva : “Si può amare anche restando in piedi. “
Francesca Morgante