Halloween: tra critiche, leggende e “mascherate”
Halloween è tipicamente collegata alla festa celtica di Samhain, originariamente scritto Samuin. Il nome mantenuto storicamente dai Gaeli e dai Celti nell’arcipelago britannico deriva dall’antico irlandese e significa “fine dell’estate”.
Secondo il calendario celtico di 2000 anni fa, in Inghilterra, in Irlanda e in Francia settentrionale, l’anno nuovo iniziava il 1° novembre, e coincideva con la fine dell’estate, celebrata il 31 ottobre per l’appunto, con la festa di Samhain.
I Celti, erano un popolo di agricoltori, per cui l’arrivo dell’inverno era associato all’idea della morte. Si deduce, quindi, che la festa di Halloween, sia legata alla Natura, agli Spiriti e ai poteri che questi esercitavano sul lavoro nei campi e quindi sul raccolto.
Halloween era una festa pagana, in un momento in cui, il Cristianesimo si diffondeva nel Nord Europa. Fu così che papa Gregorio III, nell’VIII secolo, pensò di spostare la data di Ognissanti dal 13 maggio al 1° novembre, facendola seguire dalla Commemorazione dei Defunti, allo scopo di svilire il ruolo del Samhain, nella cultura popolare, giorno di incontri soprannaturali e di rituali “magici”, esaurendo la sua efficacia, nelle poche ore che avrebbero preceduto le commemorazioni cristiane.
Per l’astuzia del Papa e per l’inesorabile divenire dei tempi, Samhain finisce nella ruota meccanica e svilente della Modernità, per cui Halloween, il cui nome è la variante scozzese del nome completo All- Hallows-Even, cioè la notte prima di Ognissanti, assume carattere sempre più consumistico e di folklore.
Tra gli elementi simbolo di Halloween: la morte, il male, l’occulto, ma anche elementi della natura quali zucche, bucce di grano e spaventapassari.
Al Medioevo si fa risalire la pratica del travestimento e della prassi dell’elemosina porta a porta, “trick or treat?”, nella nostra lingua “dolcetto o scherzetto? “, forma ingentilita della più esplicita espressione: “sacrificio o maledizione?”!
Vale la pena soffermarsi sul senso educativo di tale dizione? Crediamo di no!
Nella nostra lingua dicevamo, perché questa, è una festività importata da Paesi lontani, non solo geograficamente ma anche come storia e civiltà.
In effetti noi “salutiamo” i nostri cari, con il silenzio o il pianto e le preghiere, non banchettando, forse non riuscendo a sdrammatizzare. Cio’ che è certo, che a tanti, lo stomaco si chiude!
Non è un discrimine sulla quantità di sofferenza di fronte ad un lutto ma, certamente, è una considerazione sugli approcci diversi ai temi dell’esistenza e, quindi ai costumi dei popoli.
Possiamo noi, assumere caratteri che non rispecchiano il nostro modo di essere e, la nostra sensibilità?
Uomini giovani nella memoria, della nostra saccheggiata eppur tanto amata Italia, ricordano i carri allegorici di Piedigrotta con commossa nostalgia, l’impegno che era lavoro ma anche il piacere di esprimere le proprie capacità artistiche e di esporle, ai concittadini e, alla possibilità di divertire.
Registriamo che tra coloro che hanno usato i macabri travestimenti, ci sono stati alcuni che, in realtà, erano intenzionati a trasformare la finzione, in un’autentica storia macabra.
Invitando alla prudenza i nostri giovani, ci uniamo a tutti coloro che vogliono ricordare i lutti di queste ultime ore, quelli che piange Madrid e, quelli di ogni parte del Mondo, in cui, dietro un trucco, si è celato l’orrore degli animi.
a cura di Brunella Postiglione