Redditest: che cos’è e come funziona
Facciamo il punto insieme il Salasso Imu a parte, da qualche settimana non si parla d’altro che di “Redditest”, il software attraverso il quale le famiglie possono autonomamente verificare la congruità tra il proprio reddito e le spese effettivamente sostenute. Un software di “compliance”, afferma l’Agenzia, cioè di collaborazione spontanea, utile perché fornisce alle famiglie italiane delle linee guida per la coerenza tra il reddito e le spese annuali. Il funzionamento del redditest è relativamente semplice: il software richiede l’indicazione dei dati del nucleo familiare: cioè occorre indicare, principalmente, i soggetti che compongono la famiglia e il comune di residenza; poi si passa ai redditi dichiarati e a quelli esenti o che non vanno comunque riportati in dichiarazione; infine vengono richieste informazioni sulle principali spese sostenute nell’anno, suddivise in sette categorie: abitazione, mezzi di trasporto, assicurazioni e contributi, istruzione, tempo libero e cura della persona, altre spese significative, investimenti immobiliari e mobiliari. Insomma vanno inserite un pò tutte le spese rilevanti che hanno pesato sulla famiglia: dalle spese per l’immobile alle utenze, dalle spese assicurative fino a quelle per l’auto, l’elettronica e per il tempo libero.
Marcia indietro
A questo punto il software elabora i dati inseriti e qualora il rapporto tra i vari elementi (spese) risulti coerente con le proprie entrate (in base a cosa non è dato sapere) apparirà un semaforo verde, nel caso contrario il semaforo sarà rosso. In questo caso il cittadino avrà modo di effettuare una vera e propria marcia indietro: secondo le intenzioni del fisco, infatti, accorgendosi di aver speso troppo rispetto a quelli che sono i suoi redditi “ufficiali”, gli italiani dovrebbero adeguare la propria dichiarazione dei redditi. Come? Aumentando le Entrate (!) e dunque riducendo l’eventuale “nero”. Il ReddiTest, insomma, può rappresentare un campanello d’allarme, che permette al contribuente di correggere la propria posizione fiscale prima che sia l’Amministrazione a riscontare le incongruenze, avviando controlli e invitandolo a chiarire la provenienza del denaro utilizzato per far fronte ad acquisti “squilibrati” rispetto a quanto dichiarato.
Ansia solo per gli evasori
Dalle prime analisi degli specialisti risulterebbe che il software in alcuni casi sia piuttosto severo con gli esaminandi. Una famiglia media di lavoratori dipendenti potrebbe in certi casi risultare incoerente. Tuttavia “se uno non é evasore e spende quello che guadagna o ha risparmiato, non ha nulla da temere. Il problema ce l’avrà chi é evasore, perché con i quattrini che evade danneggia la nostra economia».Così il direttore dell’Agenzia delle Entrate, Attilio Befera. Stando a questa affermazione dunque ci si auspica che questo strumento venga adoperato con la massima cautela e soltanto per differenze eclatanti tra le spese e i redditi dichiarati. Diversamente dal redditest si muoverà, invece, il vero e proprio redditometro (disciplinato dalla manovra estiva del 2010), attraverso il quale si darà luogo, a partire dal 2013, agli accertamenti e che sarà fortemente incentrato sulle spese prese daidatabase già a disposizione dell’amministrazione finanziaria (spesometro, assicurazioni, contributi, abitazioni, anagrafe dei conti correnti).
Redditometro dal 2013
Il fine del redditest in questa fase iniziale di sperimentazione è pertanto quello di consentire al contribuente di verificare la coerenza del proprio stile di vita con quanto dichiarato al fisco, in condizioni, almeno secondo quanto assicura l’amministrazione finanziaria, di assoluto anonimato. Infatti, la compilazione volontaria del redditest non dovrebbe lasciare alcuna traccia sul web e dovrebbe solo consentire al cittadino di controllare prima quello che sarà controllato poi dal fisco. Dal prossimo 1° gennaio infatti dovrebbe partire l’utilizzo del nuovo redditometro da parte del fisco, attraverso l’ausilio di tutte le informazioni in suo possesso. E in effetti, tra spesometro, informazioni bancarie e banche dati, c’è solo l’imbarazzo della scelta per il fisco che intenda vegliare sul comportamento disonesto degli italiani..
Congruità
Non si possono non evidenziare alcuni timori cui lo strumento induce. Innanzitutto, lascia fortemente perplessi il fatto che, proprio in barba alla tanto conclamata compliance, venga tenuto nascosto l’ammontare di quello che sarebbe il presunto reddito congruo; cosi come resterà per sempre un mistero – quantomeno per il contribuente – la formula magica (si presume una regressione statistica), che regola la logica del programma. In sintesi: è opportuno scongiurare che anche questo “programma” anziché essere utilizzato dagli uffici come utilissimo ausilio alla lotta all’evasione venga meramente “relegato” a strumento di ricostruzione induttiva del reddito di contribuenti e non, ed utilizzato con assoluta presunzione, anche legale, come oggi è per gli studi di settore. In definitiva: la sensazione ed il pericolo da scongiurare e che nell’immaginario collettivo del contribuente italiano, già sufficientemente “stressato”, il “software” possa essere percepito come un altro videogame da battere.
di redazione