Intervista a Massimo Giangrande: torna con un disco nuovo, “Directions”.
Dopo quattro anni da “Apnea”, Massimo Giangrande, musicista, produttore e songwriter tra gli artisti più originali e interessanti del panorama musicale italiano, torna con un nuovo album dai ritmi languidi e rarefatti: “Directions”. Un viaggio attraverso immagini, parole e suoni, raccontato in un diario di bordo, nato durante una serie di concerti tenuti in Europa negli ultimi due anni. Un “road album”, che risente di atmosfere suggestive, linguaggi e stili musicali diversi, condensati in canzoni che spaziano dall’italiano all’inglese al francese, con due splendidi brani strumentali.
Se “Chi tace acconsente” era uscito in anteprima a giugno con XL per una raccolta di brani intitolata “Gibilterra land”, il pezzo di punta di “Directions”, uscito a dicembre, è sicuramente “La Neve di Eva”, che fa parte della colonna sonora dell’ultimo film di Massimiliano Bruno, “Viva l’Italia”. Respiri, chitarre acustiche, batterie, archi e accurati arrangiamenti accompagnano una voce calda e struggente che ripercorre le tappe di un viaggio interiore.
Bisogna avere lo spirito del viaggiatore curioso e del perenne sognatore per accostarsi alle melodie di quest’album, lasciandosi cullare e trasportare in direzioni imprevedibili, al fine di perdersi per ritrovarsi più forti di prima, arricchiti da nuovi stimoli. Seguendo “Mr Walker”, passo dopo passo, impareremo a conoscere le frustrazioni e le paure di una generazione, ansie e speranze, voli di carta, ideali e incomprensioni, amori smarriti e amori che verranno, senza mai smettere di credere nei sogni. “Directions” fa vibrare le corde più nascoste dell’animo e incanta, svelando bellezza a ogni nuovo brano.
Dopo le atmosfere rarefatte e incantevoli di “Apnea”, torni con un disco nuovo, “Directions”. Come mai la scelta di questo titolo e in quale direzione sta andando la tua vita?
«Questo nuovo lavoro è nato durante una serie di concerti fatti in giro per l’Europa e quando sono in “movimento” la percezione che ho del mondo che mi circonda è più profonda, più attenta ai dettagli e alle sfumature che, al contrario, mi sfuggono quando sono fermo in un luogo. Viaggiando è come se i sensi facessero una selezione naturale tra ciò che è veramente importante e ciò che non lo è. Le direzioni del viaggio a volte sono più importanti del viaggio stesso e possono condurci altrove, là dove non avremmo mai immaginato di andare».
Cos’è per te la musica?
«La musica rappresenta per me il luogo dove tutto diventa possibile, il mondo in cui la fragilità diventa forza e il dubbio si fa coscienza. È il luogo dove rimango aggrappato, come “La Ginestra”, alla vita».
Se dovessi definirti, come ti descriveresti?
«È difficile riuscire a descrivermi; per questo preferisco fare musica, per riuscire a farlo senza dovermi prendere troppo sul serio».
Quali sono i grandi maestri che hanno segnato la tua musica?
«Ho ascoltato tanta musica fin da quando ero bambino. Un’immagine che mi è tornata in mente in questi giorni è di quando mio padre, la domenica mattina, mandava la nona sinfonia di Beethoven a tutto volume, e poi dirigeva l’orchestra come se fosse un direttore, una visione per me, che ero bambino, davvero fantastica. La musica e i grandi maestri hanno il potere di sconvolgere il mondo reale e portarci a credere che il mondo “fantastico” sia quello vero: questo è stato per me il più grande insegnamento».
È difficile oggi scoprire una scrittura originale, eppure i tuoi testi non sono mai banali. Dove trovi ispirazione?
«Nei testi cerco di suscitare delle immagini, ascolto sempre la musica a occhi chiusi e sono stato abituato a lasciarmi trasportare dal suono complessivo, non faccio distinzione netta tra musica e testo, utilizzo le parole per dare forza alla musica e la musica per dare forza al testo».
Credi che valga sempre la pena produrre musica e dar voce ai propri sogni, nonostante le tante difficoltà che oggi un artista emergente incontra?
«Credo sia importante, soprattutto, in un momento come questo, produrre arte; che sia musica, danza o poesia non importa, ciò che importa è che sia personale e che metta in risalto la parte migliore di chi la fa. Considero i sogni come il gesto più sovversivo che un uomo possa concedersi».
Giuseppina Amalia Spampanato