Una donna Sola
Se è vero che le donne si sono conquistate in questi anni i loro diritti è anche vero che nella realtà la nostra rimane ancora una società maschilista dove la parità è vista con gli occhi degli uomini. Un esempio a tal riguardo è su un argomento che ho molto a cuore ed è l’aborto. Lungi da me l’idea di affrontare in questo contesto l’argomento, ma in questa lettera aperta vorrei sottolineare la solitudine in cui versano, ancora oggi, quelle donne che si sono sentite “costrette” a decidere per l’aborto.
Victoria Thorn è una studiosa americana, psicologa dell’Università del Minnesota e specialista nella consulenza dei traumi e nell’assistenza nella perdita prenatale. Thorn è fondatrice di un progetto internazionale di sostegno e aiuto alle donne che hanno praticato l’aborto. La psicologa, assieme a numerosi altri studiosi, è giunta alla conclusione che «l’aborto è una cosa che una donna non dimentica mai e che il problema della sofferenza post-aborto tocca qualunque donna, consapevolmente o meno, per cui come risultato ci sono molte donne silenziose e ferite, la cui guarigione richiederebbe un processo lungo che, talvolta, non si realizza mai».
Questo, a mio avviso, è un messaggio forte, gravido di responsabilità, che investe tutti noi, la società e le istituzioni, e si inserisce prepotentemente nelle tante riflessioni che possiamo fare in un mese come questo dedicata alle donne. Anche una mamma che decide di sopprimere la vita che sta nascendo dentro di lei, meriterebbe comprensione, sostegno, accompagnamento, molto prima, perché potesse capire quello che chiede ed essere sostenuta al massimo nelle motivazioni che la spingono a compiere quel gesto estremo. Ma non solo – ci insegna la Thorn –, perché anche dopo, dopo l’aborto, resta una ferita che non si rimargina mai e per la quale occorre sostegno e aiuto. Questo accade, in forma più lieve, anche quando l’aborto è spontaneo. Per tale motivo, abortire diventa un duplice dramma, perchè la donna finisce talvolta per perdere la sua stessa vita, affranta in una depressione che sottilmente segnerà tutta la sua esistenza. Quante donne, sole ed affrante si accostano all’uscio di un confessionale, pentite, distrutte dal dolore di un reato agghiacciante che non si cancellerà più… Ma c’è bisogno di aiuto anche in quelle donne che abortiscono spontaneamente, un aiuto e un sostegno per tutte le nostre donne che “danno la vita”, spesso anche quando l’hanno negata, perché, in entrambi i casi, talvolta, esse restano sole. Paradossalmente questo tema diventa speculare anche nelle donne che hanno dato alla luce il proprio bambino. Anche qui, appare tutto scontato e semplice, ma quante donne sono sconvolte e frustrate nel post-partum? Ricordo una donna, dopo la nascita dell’ultimo figlio, che mentre allattava piangeva. Era un misto di gioia e di depressione. Ma quando questi sentimenti cominciano a sconvolgere l’anima della mamma in quale solitudine e incomprensione spesso si viene a trovare? E così, dalla depressione chiara e inconscia del post-aborto, ci ritroviamo a riflettere sulla depressione del post-partum, una condizione che colpisce nel nostro mondo occidentale circa il 15% delle donne che hanno partorito, numero che probabilmente è destinato a essere molto più alto, se prendiamo in considerazione anche solo le sensazioni psicologiche spiacevoli e dolorose che accompagnano le neo-mamme, spesso misconosciute e messe a tacere o soppresse nell’incomprensione del nostro mondo maschile. Alla luce di questa simbiosi così profonda, come considerare l’aborto? La madre si sarà “liberata” dell’embrione o del feto, ma non di certo potrà cancellare quelle cellule penetrate in lei e che resteranno, forse per sempre, a futura memoria di quel figlio, di quella gravidanza. Non solo, ma quelle cellule porteranno anche “il nome” del padre, quindi con tutte le possibili disquisizioni psico-biologiche che possiamo immaginare, ma che sono alla base di quel sostegno che tutte le donne dovrebbero “meritare” e che invece viene troppo spesso misconosciuto e disatteso. In tutto questo marasma di valori e di contesti sociali, l’unica cosa che mi sento di dire e di proclamare è accoglienza.. amore… fiducia.. perché queste donne, le nostre donne non siano mai sole e possano attraverso di noi sentire quella mano “misericordiosa” di Dio che le prende, le solleva e le dice “va la tua fede ti ha salvata, la tua fede ti ha guarita!”
A cura di Padre Claudio Marino