Sognando…pensa… come saremmo oggi
Proviamo ad immaginare che…Ferdinando II di Borbone non sia morto. Che Paese avremmo avuto se i Borbone avessero governato magari fino ad oggi? Quale cultura e quale economia avrebbe avuto il Regno delle Due Sicilie senza l’invasione piemontese? Indubbiamente dopo l’unificazione dell’ Italia fummo costretti ad essere prima briganti e poi emigranti,ma, è altrettanto certo che i Meridionali, senza le imposizioni piemontesi e senza le violenze fisiche e morali arrivate insieme alle baionette dei bersaglieri, non avrebbero mai iniziato una guerra tanto devastante come quella che in pochi mesi si diffuse in tutto il Regno. Nella storia del Sud, del resto, per motivazioni di carattere essenzialmente religioso e culturale, raramente i popoli Meridionali avevano impugnato spade o fucili; non a caso questo succede proprio con due invasioni straniere che stavano minacciando la vita stessa di un popolo anche nei suoi valori più profondi e radicati. I Meridionali capirono che era necessaria una difesa proprio perché si trovavano contro un nemico che avrebbe sicuramente condizionato anche la loro storia futura. Nessun brigante, allora, sarebbe sceso in guerra se i Borbone avessero avuto la possibilità di governare nel Sud.
E briganti sarebbero rimasti quei pochi delinquenti comuni che pure esistevano nel regno borbonico come in tutti gli altri paesi del mondo, in percentuali pari a quelle degli altri Paesi anche italiani e certo non tali da giustificare l’invio di centinaia di migliaia di soldati piemontesi. Solo questo dato basterebbe per distruggere le basi di una tesi storiografica molto diffusa presso la cultura ufficiale e accademica secondo la quale il brigantaggio post-unitario continuava una storia iniziata quasi nel periodo medioevale. Ma continuiamo il nostro sogno. L’economia era florida , nacque così la prima tratta ferroviaria italiana Napoli – Portici (3 ottobre 1839). Nessun emigrante, forse, avrebbe conosciuto l’America o l’Australia, il Belgio o la Germania. Prima dell’unificazione italiana nessuno era stato costretto ad emigrare e senza le scelte politiche ed economiche del nuovo governo unitario avremmo continuato a lavorare e a vivere dignitosamente nella nostra terra. Né briganti né emigranti, dunque, nel Sud che poteva essere e che non è stato. Né briganti né emigranti se riflettiamo magari sui fatti più significativi degli ultimi anni e degli ultimi mesi di vita del Regno delle Due Sicilie, cercando di capire quali prospettive avrebbe avuto il Sud in uno stato ancora autonomo. È opportuno ricordare alcune cose dell’economia meridionale prima dell’unità; per esempio le monete degli antichi Stati italiani al momento dell’annessione ammontavano a 686 milioni che erano così suddivisi (valori in milioni ) : Regno delle Due Sicilie 443,2 – Lombardia 8,1 – Ducato di Modena 0,4 Parma e Piacenza 1,2 – Roma 35,3 – Romagna, Marche e Umbria 55,3 Sardegna 27,0 – Toscana 85,2 – Venezia 12,2 Dunque il Regno delle Due Sicilie aveva più monete di tutti gli altri Stati della penisola uniti insieme, mostrando una ricchezza impensabile. Il mare era considerato una delle risorse più ricche in prospettiva, e i Borbone capirono immediatamente e concretamente l’importanza strategica e commerciale di tale risorsa, tanto che nel 1856 nella sola capitale vi erano più di 25 compagnie di navigazione; la più grande era la società di navigazione delle due Sicilie; le navi napoletane viaggiavano in tutto il Mediterraneo e attraversavano l’Atlantico arrivando a New York, Boston,poi fino al Brasile, alla Malesia e all’Oceania; non a caso sotto re Ferdinando II la prima nave a vapore arrivò a New York dopo circa 26 giorni di navigazione, era il piroscafo Sicilia, che avrebbe periodicamente coperto quel tragitto per evitare il deterioramento delle derrate. Ironia della sorte, dopo l’unità d’Italia, le derrate vennero malinconicamente sostituite, da milioni di Meridionali costretti ad emigrare. Così anziché continuare nello sviluppo e la crescita delle svariate attività, < Castellammare (il cantiere più grande e moderno d’Europa nel 1860), che occupava più di 1800 maestranze, abbiamo assistito alla sua distruzione; Pietrarsa c’era la più grande fabbrica metal meccanica con 1050 operai(l’Ansaldo a Genova ne occupava solo 480 e la FIAT non esisteva); Mongiana la ferriera calabrese con oltre 2000 addetti;ecc.> assistemmo impotenti alla loro chiusura. Certo fummo conquistati e di conseguenza i nostri colonizzatori fecero di tutto per toglierci ogni possibilità di ricchezza. Pietrarsa fu teatro indegno dei primi lavoratori martiri, difatti la fabbrica, boicottata dalla politica protezionista per favorire le aziende del nord, fu costretta ai primi licenziamenti e, quando gli operai si riunirono nel cortile per protestare anche contro le oltre 30 tasse aggiuntive che il governo di Torino aveva deciso di promulgare, le baionette cominciarono a sparare e quattro lavoratori furono uccisi, ma subito dimenticati. Che Sud ci sarebbe stato senza quell’unificazione sbagliata? Certamente un Sud senza briganti e senza emigranti, sicuramente non sarebbe stato tutto perfetto, ma vi sarebbe stata una precisa ed inattaccabile identità culturale, religiosa, politica ed economica; forse l’industria, l’agricoltura,il commercio, il turismo, avrebbero avuto un loro sviluppo lento, ma costante, e certamente adeguato alle esigenze del territorio; certamente in una confederazione di Stati italiani sarebbe stato rispettato e avrebbe avuto il ruolo che gli spettava, protagonista anche in Europa e soprattutto nel Mediterraneo. Ma come sappiamo la storia dei se e dei ma rischia di non avere più una valenza scientifica, quindi, dobbiamo guardare alla storia vera, quella che ha portato alla rivolta di un intero popolo, riconosciuto pacifico, per oltre dieci anni, al suo massacro fisico e culturale, alla distruzione della sua economia, alla sua colonizzazione, ad una diaspora che non ha pari nella storia dell’umanità e che non sembra ancora terminata. La storia recente ci parla di una pressoché totale mancanza di una classe dirigente veramente unita al Sud, l’assenza di quel rapporto diretto che avevamo con chi ci governava, che era spinto a miriadi di udienze giornaliere per essere vicino al popolo con il popolo; forse dobbiamo amaramente constatare che il Sud non è stato né difeso, né rappresentato come avrebbe certamente meritato; non dobbiamo sentirci sconfitti, non dobbiamo dimenticare chi siamo, da dove veniamo, ma principalmente, dobbiamo nella forza delle nostre origini ritrovare quell’identità di popolo che ci fu rubata, e con essa la forza del nostro riscatto.
a cura di Daniele Vitale