Femminicidio: la strage di genere continua
Maggio 2013. Giornate assolate, prime feste di piazza, colori e profumi rallegrano le nostre città. Maggio, mese delle rose e delle spose, fioriscono i fiori più belli e sbocciano nuovi amori, ci si promette un per sempre che forse nondurerà più di una stagione ma scalda ugualmente il cuore. L’estate è ancora lontana ma è già nell’aria la voglia di spensieratezza. Maggio, mese in cui tutto dovrebbe fiorire, qualcosa appassire ma niente dovrebbe mai morire.
Maggio dovrebbe essere un mese dai colori della gioia, dai fiori di pesco al verde dei parchi al giallo del tanto atteso sole…e, invece, questo maggio si sta tingendo di rosso. Appena cominciato e già così intriso di sangue, gelosie, vendette e morte. Sull’asfalto di una strada buia, nel verde di un bosco, nel salone di casa sono sempre loro, le donne, le vittime di una strage insensata. In soli due giorni cinque donne muoiono per mano dei loro padri, mariti, compagni, amici. In soli due giorni cinque donne, Ilaria, Alessandra, Chiara, Maria, Letizia, hanno perso la vita per essere nate donne. Il Femminicidio è ormai una strage di genere inarrestabile, maledetta e inspiegabile. Niente giustifica tanta cieca violenza. Non si può morire per rifiutare delle avance esplicite com’è accaduto a Ilaria, né per la gelosia di un marito possessivo, com’è accaduto a Chiara, né per la follia di un marito e padre che ha tolto la vita a sua moglie Maria e sua figlia Letizia, fiore appena sbocciato che mai vedrà fiorire i suoi vent’anni.
Donne fisicamente inermi, indifese, più minute ma caratterialmente forti, indipendenti, mature, sagge; donne che non si accontentano di amori abitudinari, di abbassare la testa e obbedire ai dettami più assurdi di un compagno padrone. Donne caparbie, capaci di dire anche no, di morire per difendere la propria integrità e la propria dignità. Donne adulte o adolescenti, cattoliche o laiche, in carriera o alle prime armi col mondo del lavoro: tutte piene di sogni e progetti, tutte barbaramente strappate ai loro anni migliori dalla prepotenza maschile. Donne illusesi di aver trovato un compagno, una famiglia, un amore appagante per poi ritrovarsi, senza un solo motivo, distese a terra in una pozza di sangue.
Nessuna fatalità, nessuna sciagura, nessun incidente: dietro la loro morte c’è una mano precisa, una volontà di arrecare violenza e morte. Troppo spesso si parla di raptus di follia, si richiedono prontamente perizie psichiatriche per i presunti assassini e si riconoscono tutte le attenuanti del caso se il carnefice è incensurato. Davvero troppo facile porre in un istante fine alla vita di una donna e farla anche franca dopo pochi anni di detenzione, se il colpevole si riesce a trovare, se non occorre fare il Dna a un intero paese per un anno e riesumare cadaveri per restare sempre a un punto morto dell’indagine, come nel caso della piccola Yara Gambirasio.
Dal nord al sud l’Italia troppo spesso si tinge di sangue, impunità e misteri. Dinanzi allo sconcerto per lutti difficili da metabolizzare e comprendere, forse oggi tutto il nostro Paese è chiamato a interrogarsi su quanto stia accadendo. L’idea che emerge è quella di uno Stato ancora impreparato a fronteggiare questo drammatico fenomeno e una giustizia fallace e ritardataria rispetto ai tempi, ancora non pronta a rivedere il codice penale e ad aggiungere tutte le aggravanti che quest’omicidio di genere dovrebbe prevedere. L’intera società dovrebbe poi farsi un mea culpa generale sui modelli culturali che ha prodotto e ancora produce, avallando troppo spesso offese, insulti, battutacce squallide ai danni delle donne; vituperi provenienti troppo spesso anche da esponenti politici e personaggi pubblici, che in uno Stato democratico e civile dovrebbero essere un esempio etico e civile e non cattivi maestri di pregiudizi e amoralità.
In attesa che lo Stato faccia la sua parte, le leggi siano riviste e cambi la mentalità di tanti maschi padroni, donne, sta a voi salvaguardare la vostra vita, allontanandovi da uomini morbosamente gelosi, possessivi, violenti. Denunciate ogni sopruso e ogni violenza. Non restate prigioniere delle vostre mura domestiche. Avete una voce, fatela sentire. Amatevi di più. Proteggetevi.
Giuseppina Amalia Spampanato