Quando il giocare ai soldatini viene accolto e promosso da svago a materia dal Ministro dell’Istruzione

Immagine“C’è al mondo una sola cosa peggiore del far parlare di sé: il non far parlare di sé”, affermava a suo tempo Oscar Wilde, nel suo celeberrimo “Il ritratto di Dorian Gray”; e deve averlo preso senz’altro molto sul serio il ministro dell’Istruzione, Maria Stella Gelmini, dato che a quanto pare a destare scalpore, ora per l’istruzione primaria, ora per l’università, è sempre lei, stavolta accompagnata da una personalità d’eccezione: l’On. Avv. Ignazio La Russa.

Già a prima vista l’abbinamento suscita sorpresa, e sembra forse un po’ improbabile, soprattutto se la strana coppia pare essersi cimentata nell’impresa di rinnovare la scuola secondaria superiore in un modo del tutto singolare. E pare mettercela tutta per risvegliare le polemiche, che già non scarseggiavano.

Come il coinvolgimento del Ministro della Difesa avrebbe potuto far immaginare (anche se solo ai più fantasiosi), il progetto riguarda l’istituzione di un vero e proprio corso paramilitare, valido come credito formativo scolastico, frutto di un protocollo firmato dai due Ministri in Lombardia.
La circolare afferma: “Le attività in argomento permettono di avvicinare, in modo innovativo e coinvolgente, il mondo della scuola alla forze armate, alla protezione civile, alla croce rossa e ai gruppi volontari del soccorso”, e il provvedimento è visto anche come una valida risposta al fenomeno del bullismo. Ma quali sono esattamente, “le attività in argomento”?
Il nuovo corso, chiamato “Allenati per la vita”, consiste in una serie di lezioni, sia teoriche sia pratiche, al fine di insegnare agli studenti le norme di primo soccorso e di Diritto e Costituzione, istruirli a sparare con la pistola ad aria compressa, tirare con l’arco, superare percorsi ginnico-militari e molto altro ancora.
La prova finale del nuovo corso “Allenati per la vita” consisterà, secondo il protocollo, in una gara pratica tra “pattuglie di studenti”. La citazione testuale preoccupa, e non poco, studenti, docenti ed esterni.

E così, se pensavamo che la cosa peggiore che potesse entrare in una scuola statale italiana fosse il simbolo di un partito, corriamo il rischio di essere prontamente smentiti; le armi spodestano pigramente il sole delle Alpi, emblema della Lega, la cui apparizione su mura, banchi, cartelli e quant’altro nella scuola di Adro al confronto impallidisce.
La cultura militare insegnata nelle scuole sembra essere il definitivo passo indietro nella scuola italiana, nel percorso che porta (o dovrebbe portare) gli studenti all’apprendimento, al riconoscimento e al rispetto dei valori della pace, l’unica prospettiva che ci preserva e garantisce un futuro, laddove la guerra dovrebbe rappresentare il passato, ovvero ciò che utopicamente dovremmo lasciarci alle spalle; i trascorsi tempi bui dovrebbero averci fornito diverse buone ragioni per rendere poco auspicabile il riproporsi della guerra, o perlomeno completamente fuori discussione il suo inserimento come insegnamento a scuola. Sperando che, ad alzare definitivamente bandiera bianca, alla fine non sia proprio quest’ultima.

A cura di Germana de Angelis