PD E PDL ALLA RESA DEI CONTI
I numeri da giocarsi sulla ruota della stabilità del Governo sono l’otto e il sedici. Il sedici di novembre è la data della resa dei conti nel Pdl. L’otto di dicembre, festa dell’Immacolata Concezione, invece è il giorno delle primarie nel Pd, altra resa dei conti. In entrambi gli schieramenti l’occhio è puntato sull’Esecutivo di Enrico Letta. Cadrà o non cadrà? C’è chi vuole la sua sopravvivenza come i ministri, sia del Pdl che del Pd, e chi spera – tra l’altro – in un infortunio in corso d’opera per scivoloni personali o di gruppo. Nel caso Cancellieri ci si è andati vicino. La legge di stabilità sta diventando, per molti, il trampolino di lancio per le prossime elezioni. Meglio mettere le mani avanti, non si sa mai, ed alzare il tiro.
Nel Pdl il “Bioparco” di falchi, colombe, serpenti, avvoltoi, è particolarmente attivo. Tutti a difendere il Cavaliere ma di fatto, nel suo nome e per il suo bene giudiziario, ognuno prova a mettere paletti bloccanti per ipotesi mediatorie. E lui, Silvio da Arcore, continua la gran fatica d’”apparatore”, da una parte provando a ricucire, dall’altra a cambiare. La sua azione di scouting a Villa Gernetto, con circa 120 giovani non provenienti dalla politica, ma dall’imprenditoria, dal commercio, dalle varie professioni, è significativa. E’ il messaggio subliminale che nessuno è indispensabile, tranne lui. Si cambia tutto, come diceva Tommasi di Lampedusa nel Gattopardo, per non cambiare niente e, cioè, la guida assoluta e incontrastata della nuova Forza Italia. Proprio quello che solo in apparenza vogliono e gridano sia i lealisti che i governativi. Al di là dell’ultimo battibecco mediatico a distanza con Angelino Alfano, il “gattopardo” Silvio probabilmente il giorno 16 non darà l’estrema unzione al Governo. Già una volta, con il groppo in gola, ha dovuto dare la fiducia a Letta ed ai suoi ministri, che solo poche ore prima aveva sfiduciato. L’eclettismo e la sicurezza in sé sono doti per il Cavaliere decisive, ma non bisogna strafare. Una marcia indietro a soli pochi giorni dall’”avanti tutta”, con la crisi che c’è e si vede, può diventare per lui e la novellissima Forza Italia un boomerang micidiale. Cosa farà allora Berlusconi in questa contingenza? Proverà a far rimanere le cose come stanno eppoi, al momento opportuno, cancellerà con un colpo di spugna il passato e introdurrà le nuove forze a lui devote e fedelissime. E l’ipotetica grazia presentata dai cinque figli a Napolitano? E la decadenza da parlamentare per la legge Severino? Da imprenditore con il fiuto per gli affari, Silvio Berlusconi sa bene che non può perdere tutto fossilizzandosi su cose già scontate e non modificabili. La decadenza ci sarà e quello sarà il momento propizio per il lancio della nuova Forza Italia, senza però mandare a casa i ministri Alfano, Lorenzin, Bernini, De Girolamo, Lupi, Quagliariello. Operazione troppo pericolosa, al di là delle dichiarazioni bellicose della vigilia. Ipotesi fantasiose queste testé formulate? Staremo a vedere.
Sul fronte opposto le cose non vanno meglio. Matteo Renzi quasi certamente nelle primarie sarà incoronato segretario del Pd e dovrà trasformare in fatti concreti le tante buone intenzioni proclamate nelle sue performance in giro per l’Italia. Una cosa è predicare, un’altra è governare. Se ne accorgerà subito quando proverà a smantellare le varie correnti, fondazioni comprese, nel Pd. Anche lui come Berlusconi sarà costretto nel Pd a fare l’”apparatore”. A ricucire, a mediare, a rattoppare, senza però avere né la storia, né il potere del padre-padrone di Forza Italia. E se non bastasse dovrà fare anche i conti con quella trappola messa da Guglielmo Epifani – il segretario traghettatore – sulla sua strada: l’organizzazione a Roma del congresso del Pse, Partito socialista europeo, tra febbraio e marzo del 2014. Per Epifani: “un segno di appartenenza che dice quali sono le nostre radici e i nostri legami”. La risposta degli ex Margherita non si fa attendere, né Fioroni, né Castagnetti possono accettare un’opzione socialista e la risposta, con toni diversi, è quella del possibile ritorno nella casa di una volta, la Margherita appunto. Scissione, per essere chiari. Per non parlare poi del pasticciaccio brutto dei brogli tesserativi.
Come se non bastasse tutto questo ambaradan, la presa di distanza di Romano Prodi dalle primarie e dal Pd – non rinnovando la tessera – ha aggiunto benzina sul fuoco. Certo, il professore di amarezza in corpo né ha parecchia. Non era questo il partito che avrebbe voluto. Eppoi, la carica in negativo dei 101 pidiellini parlamentari che non lo votarono a presidente della Repubblica pesa ancora. Ma c’è anche il fatto che avrebbe avuto qualche problema a schierarsi. Meglio starsene fuori a guardare. Si potrebbe sempre ripresentare un’altra occasione per salire sul colle del Quirinale.
Come andrà a finire il Governo? “Chiedo di essere giudicato alla fine del mio lavoro, alla fine dell’anno prossimo, il 2014”, dichiara il presidente Letta. Paese strano l’Italia, tra tanta instabilità dichiarata, vuoi vedere che la stabilità dell’Esecutivo di fatto trionferà? Non è per niente escluso.
a cura di Elia Fiorillo