DONNA DIFENDE LA FIGLIA, IL MARITO LA UCCIDE A SASSATE
Finisce in tragedia una violenta lite in una famiglia pakistana a Novi di Modena, dove un un uomo ha ucciuso la moglie e ridotto in fin di vita Nosheen, la figlia di vent’anni, con l’aiuto del figlio.
Lo scontro nasce per il desiderio di libertà della ragazza, studentessa in un istituto tecnico, e la tradizione chiusa e intollerante verso ogni atteggiamento di “modernità”. A morire è stata la madre, Begm Shnez, di 46 anni, che aveva osato prendere le difese della ragazza, uccisa dal marito Ahmad Khan Butt, 53enne operaio, arrestato insieme al figlio maggiore, Humair, 19 anni, anch’egli partecipe all’eccidio.
A differenza di tante altre ragazze immigrate, Nosheen si era ribellata all’imposizione di un matrimonio combinato, il che rappresenta, per una parte dei pakistani, una questione di onore.
Da qui il litigio nel cortile dell’abitazione dove vive la famiglia, a Novi, al confine col mantovano. Numerosi vicini avrebbero sentito le urla furibonde, attirando anche l’attenzione di un gruppo di persone che da un bar in zona si erano avvicinati, ma i pakistani hanno spiegato che era un fatto privato.
Sembra che Nosheen, che abita con alcune ragazze a Carpi per motivi di studio, sia stata chiamata dal padre nella casa di Novi, dove c’erano altri due figli minorenni, e si sia opposta per l’ennesima volta alle richieste del genitore. A quel punto è parita la resa dei conti: il fratello ha ferito con una spranga la sorella, e la madre che ha cercato di difenderla è stata colpita ed uccisa dal marito a colpi di mattone. Alla scena hanno assistito alcuni vicini chiamando immediatamente i soccorsi che, per la donna, nella corsa verso l’ospedale di Baggiovara, sono stati inutili, mentre i carabinieri che hanno portato in caserma padre e figlio non hanno ricevuto risposte al lungo interrogatorio cui li hanno sottoposti: i due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. La ragazza è in coma farmacologico.
La vicenda ricorda molto da vicino quella di Hina Saleem, la 21enne pakistana che fu sgozzata dal padre il 10 agosto 2006 a Sarezzo (BS) perché fidanzata con un ragazzo italiano. In quel caso però, il padre omicida aveva l’appoggio di tutta la famiglia, moglie compresa.
Tuttavia, sebbene entrambe le vicende coinvolgano famiglie pakistane, questi gesti non sono riconducibili all’Islam, bensì all’autorità patriarcale che è molto forte e presente nei paesi dell’India, dove le donne sono quotidianamente soggette a giudizio in base ai loro comportamenti che possono essere giudicati disonorevoli nei confronti della famiglia.
Il Ministro per le Pari Opportunità, Mara Carfagna, ha dichiarato che chiederà di essere ammessa come parte civile nel processo contro Hamad Khan Butt, aggiungendo che “Chi compie violenze e abusi contro le donne, o chi addirittura pensa di disporre della loro vita, non può e non deve trovare accoglienza nel nostro Paese, perché l’Italia rifiuta e respinge con decisione qualunque forma di prevaricazione degli uomini sulle donne”.
A cura di Mario Sabljakovic