Italia-Serbia vinta dai teppisti
Probabilmente questa è una notizia che non andrebbe pubblicata nella rubrica ‘Sport’ soprattutto perché negli unici sei minuti disputati della partita del 12 ottobre di Italia-Serbia, valida per le qualificazioni di Euro 2012, non s’è visto nulla di “sportivo”. Una gara che non poteva che essere condizionata dal contesto e dal clima bellico che arieggiava intorno al campo. Ma facciamo un riassunto del tutto. Il caos comincia nel pomeriggio quando cortei di tifosi serbi invadono le strade di Genova innalzando cori e cercando lo scontro con le forze dell’ordine locali. Alle 20.45, ora in cui migliaia di tifosi e di appassionati di calcio avrebbero dovuto e voluto udire il fischio di inizio della gara a seguito del simbolico minuto di silenzio in onore dei quattro alpini caduti in Afghanistan, sono costretti a notare invece che tutte le telecamere presenti allo stadio Marassi non puntano l’attenzione sul rettangolo di gioco, ma sul settore ospiti predisposto per la tifoseria serba. Lì, in cima al cancello di recinzione, un “omone” grande e grosso (Ivan Bogdanovic) col volto coperto da un cappuccio nero, come il resto del suo abbigliamento, taglia, indisturbato, le reti di protezione del settore con una tronchesina. Contemporaneamente alcuni “colleghi” urlano a squarciagola cori nella propria lingua accompagnati da gesti poco fini, ed altri tentano di sfondare i vetri che dividono il settore ospiti dalla tribuna. Subito dopo comincia il lancio di fumogeni e petardi in campo che comporta la momentanea sospensione del match. Passa mezz’ora e arbitro, delegato Uefa e dirigenti delle due nazionali, dopo l’intervento della polizia, decidono di far riprendere il gioco. Come abbiamo precedentemente detto la gara dura solo sei minuti, ma saranno 360 secondi condizionati dagli avvenimenti precedenti e dalla furia dei tifosi ospiti, mai sedata. Sono da annotare in questo piccolo frangente di gara disputato soprattutto il fallo da espulsione su Mauri, sanzionato con un semplice cartellino giallo, e un rigore su Pazzini che l’arbitro, probabilmente, finge di non vedere. Di lì a poco comincia il tiro al bersaglio su Viviano che viene raggiunto da alcuni fumogeni lanciati dagli indemoniati tifosi serbi; fortunatamente non lo colpiscono. L’arbitro allora convintosi che la partita è a rischio decide di sospenderla definitivamente. Di questa gara, che probabilmente finirà con un vittoria per 3 a 0 a tavolino per l’italia, c’è solo da appurare la sconfitta netta dello sport e la presenza in questo mondo di persone, definite ‘tifosi’, ma che con il calcio o con lo sport non c’entrano nulla. Abbiamo assistito alla furia di gente, che pochi giorni prima avevano seminato il caos a Belgrado e che, non si sa come, sono riusciti ad arrivare a Genova e addirittura ad entrare nello stadio armati. Schiere di finti nazionalisti, in realtà teppisti che non accettano l’integrazione europea, che inneggiano al Kossovo e che immettono questioni fanta-politiche in contesti come quello del match di Marassi per avere una vetrina internazionale che possa ampliare di più il clamore delle loro folli gesta. La cosa che più duole realizzare e riportare è che costoro sono venuti con l’intenzione di non far disputare il match ed hanno ottenuto ciò che volevano.
A cura di Salvatore Ceriello