Quando allo stadio è lo sport a fare da spettatore
“In Inghilterra non sarebbe successo”, commenta Fabio Capello, CT della nazionale inglese, a proposito degli eventi accaduti martedì scorso allo stadio Luigi Ferraris di Genova, durante la partita Italia – Serbia. Ma non è alla controparte italiana che si riferisce, bensì alla scalmanata tifoseria serba, che ha determinato prima un ritardo di oltre mezz’ora dell’inizio della partita e, meno di una decina di minuti dopo, la sua sospensione. Fuori e dentro lo stadio, gli atti vandalici e distruttivi non si contano: la facciata di palazzo Ducale imbrattata, la rete di sicurezza tagliata, il lancio di bottiglie, petardi e fumogeni, e addirittura lo scoppio di una bomba carta, in una escalation di violenza che mette da parte il calcio, e il concetto di “sport” in generale, quando i sinonimi di “sportività” sono proprio “lealtà” e “correttezza”; tant’è vero che l’accaduto non va annoverato tra le notizie sportive, bensì in quelle di cronaca. Quali che siano le ragioni, legate alle proteste per quanto riguarda l’annessione all’Unione Europea dello stato balcanico ed alla instabile situazione politica in Serbia, come lascia intuire il saluto a tre dita (simbolo del nazionalismo serbo) fatto dagli ultrà, e dagli stessi giocatori serbi per “calmare” la propria tifoseria, non servono a giustificare tanta brutalità. La violenza negli stadi è un argomento trito e ritrito: ma se questo è vero, come è ammissibile che sia stato reso possibile il verificarsi di un episodio simile? Le responsabilità dunque, se pure quasi solo di riflesso, sono anche dell’Italia, che non ha saputo prendere i provvedimenti e le precauzioni necessarie affinché la situazione non degenerasse (e si può dire che ad evitare circostanze così gravi sarebbe bastato osservare le più basilari norme sulla sicurezza negli stadi). Appunto per questo, anche il nostro Paese è sotto l’accusa della Uefa, che pone a rischio per la qualificazione agli Europei anche l’Italia: “Oltre alla responsabilità di chi provoca incidenti, i regolamenti Uefa prevedono anche quella della Federazione che organizza la partita e che deve garantire la sicurezza nello stadio e il regolare svolgimento dell’incontro”, ha affermato Rob Faulkner, portavoce Uefa. In proposito, è stata aperta un’inchiesta disciplinare sull’incidente: le decisioni verranno prese giovedì 28 ottobre. Si attende dunque il verdetto che dichiarerà se Serbia e Italia torneranno in lizza per gli Europei; ma la visione del calcio come svago, dello sport come unica e principale ragione per andare a vedere la partita allo stadio, magari con la famiglia o con gli amici, che fine ha fatto? È giusto che debba lasciare il posto al calcio “politicizzato”, destinato a fungere da palcoscenico per movimenti nazionalistici, che utilizzano violenza di qualsiasi tipo per farsi conoscere e riconoscere, e come unico mezzo d’azione?
A cura di Germana de Angelis