Giovani in fuga? Ecco i dieci paesi dove vale la pena emigrare e lavorare
Molti giovani italiani cercano migliori opportunità di vita e di lavoro all’estero. Ma come scegliere il paese di destinazione? Lavoce.info stila la classifica dei più interessanti per reddito pro capite, prospettive di crescita, facilità di fare business e accettazione degli immigrati. E non mancano le sorprese. Da anni ormai in Italia si parla della perdita di capitale umano. In inglese si chiama “brain drain”, da noi “fuga dei cervelli”, e nel nostro paese è un fenomeno di entità significativa. Il dibattito pubblico sul tema è centrato sulle conseguenze per il “sistema Italia”: per lo più, la fuga dei cervelli è vista come un fenomeno negativo, anche se alcuni sostengono che ciò non è necessariamente ovvio, giacché molti dei cervelli in fuga finiscono per rientrare portando con sé un patrimonio di esperienza acquisita all’estero. Quattro parametri da considerare. Partire sì – ma per dove? A chi si è fatto, magari a tempo perso, questa domanda, Nicola Persico, redattore de lavoce.info, nonchè docente alla Northwestern University nella Kellogg School of Business, offre una possibile risposta in una forma provocatoria, ma divertente. Propone infatti una classifica delle destinazioni per l’emigrante, che tiene conto di quattro parametri: il primo è il Pil pro capite del paese di destinazione. Il secondo parametro è il rapporto debito/Pil (un parametro importante perché predice se il paese continuerà a essere ricco nel medio periodo). Il terzo criterio considerato è un indice di “efficienza” del sistema economico, cioè quanto è facile “fare business” in quel paese. Il quarto e ultimo criterio concerne i valori dei cittadini del paese di destinazione, con riferimento alla loro l’apertura all’immigrazione. A questo scopo è stata utilizzata la World Value Survey, una indagine campionaria di carattere sociologico. I dieci Paesi dovre emigrare. Sulla base di questi quattro indicatori, è stato calcolato l’indice di desiderabilità semplicemente sommando tutti gli indicatori. Ed ecco i primi dieci paesi della speciale classifica (sette su dieci non sono europei): Qatar, Australia, Svezia, Kuwait, Singapore, Stati Uniti, Olanda, Germania, Nuova Zelanda e Taiwan. “In classifica spicca la presenza di due paesi arabi (Qatar e Kuwait) nei primi quattro posti – afferma l’autore dello studio -. Il risultato, forse inatteso, è dovuto al basso debito pubblico e al fatto che il loro Pil pro capite è tra i più alti al mondo grazie al petrolio. Tuttavia, l’indice di accettazione degli immigrati in Qatar (0,54) è uno dei più bassi del nostro campione, mentre il valore per il Kuwait è 0,63, comunque inferiore alla media (0,754)”. L’Australia risulta una destinazione molto appetibile rispetto a tutti i parametri considerati, con alta accettazione degli immigrati (0,89), alta libertà economica e basso debito pubblico. La Nuova Zelanda ha indicatori sovrapponibili all’Australia, a parte il Pil pro capite (40.842 dollari contro 67.468). “Il modello scandinavo ottiene a sua volta un ottimo piazzamento con la Svezia, caratterizzata da elevato Pil pro capite, altissima accettazione degli immigrati (0,96) e buona libertà economica”. Per quanto riguarda l’Asia, Singapore primeggia per Pil e, soprattutto, libertà economica (l’indice è 89,4, il più alto del nostro campione). Tuttavia, l’indice di accettazione è solo di 0,64 e preoccupa il rapporto debito/Pil al 105 per cento. Taiwan è forse una destinazione più sicura nel lungo periodo; garantisce infatti alta accettazione (0,8) e un debito pari al 38,9 per cento del Pil. Ed ancora: “Gli Stati Uniti si confermano una delle migliori destinazioni; è interessante notare che il loro indice di libertà economica (75,5) non è molto lontano da quello svedese (73,1). Olanda e Germania, infine, si segnalano come le migliori destinazioni in Europa centrale grazie a un buon punteggio in tutti i parametri considerati (senza contare che sono paesi con un ricco patrimonio calcistico)”.