’NON CI STO’’
‘’Sono tutte così avvenenti le dipendenti qui?’’.
Esordisce così un uomo in giacca e cravatta, che una mattina era lì per caso ed entra nella stanza protocolli dell’ ufficio Comunale. Un signore distinto. O almeno così sembrava; ma si sa, l’apparenza inganna. E inganna molto.
L’uomo ha lo sguardo fisso sul mio seno e per non so per quale convinzione preistorica, esprime senza ritegno la parte peggiore della sua umanità.
Resto attonita. Poi esplicito il mio dissenso e lo invito ad allontanarsi.
L’uomo persiste. Non si arrende, ma neppure io. Gli intimo di smetterla.
Poi finalmente, con una squallida e ironica smorfia, mi chiede scusa.
Promette però di ritornare.
Non è lo scontro verbale o l’irriverenza degli sguardi a far più male.
E’ il senso di impotenza e di ingiustizia a prevalere nella mia anima.
Oggi voglio confidarmi, voglio sputare la mia rabbia e scrivere.
Mi chiamo Sara, ho ventidue anni. Non sono una femme fatale, e non vado neppure in giro con gonnelle mozzafiato o scollature da oscar. Sono una ragazza normale, che studia e lavora; figlia di una modesta famgilia italiana. Mio padre è un operaio e mia madre una sarta. Neppure potrei comprarmi tanta bella roba alla moda, ma va bene così, non mi lamento. Amo i jeans e i maglioni a collo alto. A volte indosso pure gli occhiali, per sembrare un’intellettuale d’avanguardia.
Eppure, a volte gli uomini mi guardano in modo irriverente, vogliosi di chissà cosa.
Manco camminassi nuda!
Da piccoli ci insegnano a rispettare la giustizia e la solidarietà verso il prossimo, ma il 19 novembre, al Comune, che fine hanno fatto la legge e la morale?
In questi casi, e in altri peggiori, tutto tace.
Solo di fronte al fatto compiuto si interviene. Ma ormai è tardi.
Nel nostro Paese sono molteplici i casi in cui le donne subiscono violenze e soprusi,
a qualunque livello, eppure solo a fatto avvenuto e a sangue sparso, la legge si ricorda degli appelli e delle richieste di aiuto. Prima non è abbastanza grave, nessuno ascolta.
Non ci sono abbastanza elementi.
Forse se gli elementi non sono ancora sufficienti si dovrebbe modificare la soglia della ‘’rilevanza giuridica’’.
Credo che la vittoria della giustizia non è solo nella fase punitiva, ma anche in quella preventiva, quindi nel suo intento edificatorio. Concetto troppo avanzato? Può darsi.
I tempi, però, pare siano più che maturi per un rinnovamento sociale e culturale che si adegui ai livelli di paesi che si definiscano ‘’civilizzati’’.
Il concetto di rispetto dovrebbe appartenere all’indole umana a prescindere le leggi della società che la regolino. La forma mentis di un uomo non si scuote e non muta tra le sbarre. Non si smuove neppure quando la terra sotto i suoi piedi è gravida di lacrime e dolore.
Non voglio vivere in una società in cui per fare un documento al Comune debba rischiare di subire le angherie e le attenzioni disgustose di un maniaco, di un maschio con istinti animali e paranoici che un giorno si trova nel posto e nel luogo sbagliato.
Sarebbe bello aumentare gli interventi finalizzati a ridurre il ricorso a modelli illegali,
a scongiurare il reiterarsi di comportamenti ingiusti, a prevenire, a diffondere la conoscenza del fenomeno. Molte donne non sono neppure consapevoli degli effetti della violenza sulla salute psicofisica. Sopportare una violenza significa spegnersi; significa alzare un muro letale tra la persona e la vita.
Lo so, confidarsi non è facile, significa fidarsi di qualcuno, e la società di oggi non offre fiducia. Non è rassicurante. Capire l’origine della violenza, il collegamento di quest’ultima con i processi di formazione delle patologie sarebbe un primo passo verso la fiducia, verso la libertà.
Abbiamo diritto a una società migliore, una società in cui se portassi la gonna non dovrei per forza subire gli sguardi irriverenti di maschi accalorati.
Chiedo troppo? Sì. A quanto pare sì.
L’auto difesa? Non è lecita. Ci è permesso solo subire e a cose fatte denunciare.
Non ci sto.
La gravità della violenza si nutre nell’ordinario, e non di realtà straordinarie.
Vorrei che si guardasse alle piccole cose, quelle che a cui nessuno più bada.
Sono solo una cittadina ‘’piccola’’, e chissà quanti tra i ‘’grandi’’ sosterranno la mia lotta.
Non ci sto alla violenza sulle donne.
E voi?
Rompere il silenzio, cercare aiuto, e diffondere, perché nulla è più grave che spegnersi senza dignità.