The Imitation Game

Invade le sale cinematografiche italiane la pellicola “The Imitation Game”, ultimo film del regista norvegese Morten Tyldum che ha ricevuto ben otto candidature agli Oscar 2015, tra cui miglior film, miglior regista, migliore attore protagonista per Benedict cinema 1Cumberbatch e migliore attrice non protagonista per Keira Knightley. Trasposizione cinematografica della biografia “Alan Turing: The Enigma” scritta da Andrew Hodges nel 1983, il film racconta la vita del matematico e crittoanalista inglese Alan Turing, considerato il padre della scienza informatica e dell’intelligenza artificiale. Nell’articolo “Computing machinery and intelligence”, apparso nel 1950 sulla rivista Mind, Turing metteva in atto un metodo – il Test di Turing – per determinare se una macchina sia in grado di pensare prendendo spunto da un gioco, chiamato “gioco dell’imitazione”.
Il titolo della pellicola rimanda, quindi, al lavoro del matematico ed anche, più profondamente, alla vita stessa di Turing, costretto ad imitare gli altri per nascondere la propria diversità in una società dal rigido conformismo, quale quella inglese della prima metà del secolo scorso.

Manchester, primi anni ’50. Alcuni agenti di polizia si recano a casa di Alan Turing a seguito di una segnalazione di furto da parte di un vicino.
Il matematico li manda via in maniera sprezzante, ma genera la curiosità di uno dei due che inizia ad indagare su di lui. Turing viene, poi, arrestato per atti osceni – come ci viene mostrato negli ultimi quaranta minuti del film – e interrogato dall’agente, che ora ha la possibilità di saperne di più. Attraverso le parole di Turing prendono vita una serie di flashback, a partire dall’evento di maggiore rilevanza del film, ossia decifrare Enigma, un codice nazista, fino ai suoi ricordi di infanzia. Durante la Seconda Guerra mondiale, infatti, il matematico prese parte insieme a un gruppo di menti brillanti ad un’iniziativa del governo britannico: decriptare i codici della macchina Enigma, attraverso la quale vengono comunicati gli spostamenti e le operazioni dell’armata tedesca. Ogni 24 ore Enigma cambia il suo codice. In una guerra contro il tempo, Turing si affidò ad una macchina per decifrare Enigma, progettando Christopher, il cui nome non è per niente casuale.

“Sono le persone che nessuno immagina che possano fare certe cose quelle che fanno cose che nessuno può immaginare…” dice Christopher ad Alan. Chi è Alan Turing? Un diverso. Un omosessuale. Qualcuno da prendere in giro a scuola e contro cui usare violenza, perché rappresenta il non convenzionale, l’anormale. E, nonostante l’Inghilterra sia uno dei paesi promotori della democrazia, all’interno della sua società vige un codice legato al rispetto delle convenzioni, al bieco conformismo. Alan non capisce questo codice, per lui anche il semplice atto di parlare è qualcosa di astruso perché, pur comunicando, le persone non riescono a capirsi veramente. L’unica persona a lui vicina è l’amico Christopher di cui si innamora e che un tragico destino gli porterà via. Così non c’è da meravigliarsi che, una volta cresciuto, Alan sia un essere umano solitario, inadatto alle normali consuetudini sociali, arrogante e avverso a qualsiasi contatto con altri esseri umani.
Cumberbatch riesce a rendere pienamente un ruolo dalle mille sfaccettature, in tutta la complessità che richiede tratteggiare il profilo di un genio omosessuale e raccontare la sua vita, sconosciuta ai più. D’altronde l’intento della produzione in un film di tal genere è, appunto, quello di far risaltare la recitazione del protagonista sullo sfondo di una regia tradizionale e, non a caso, l’attore si è assicurato una candidatura.
La scelta di procedere nel racconto attraverso una serie di flashback rivela, soltanto in un secondo momento, l’omosessualità di Turing, anche se facilmente intuibile, e il dramma infantile della perdita del suo primo amore che lo porta al suo ambizioso progetto di far rivivere Christopher in una macchina dotata di pensiero. Si può essere fuorviati sulla sessualità di Turing dal rapporto che instaura con Joan Clarke (Keira Knightley) sua futura moglie, anche se la relazione tra i due non rispetta le classiche convenzioni romantiche e si presenta più che altro come un tentativo di inserire una tematica delicata quale la condizione femminile all’interno del film. Tematica, tra l’altro, non del tutto aliena dal lavoro di Turing in quanto il Test di Turing prevedeva che a partecipare fossero un maschio, una femmina e una macchina e parte della letteratura ritiene che questa scelta dipendesse dall’interesse di Turing a dimostrare che l’intelligenza non ha nulla a che fare con la sessualità.
Fino ad oggi, il Test di Turing non è stato ancora superato. Qualche mese fa, venne annunciato un programma di nome Eugene in grado di riuscire nell’arduo compito, ma la notizia venne successivamente ritenuta inattendibile dalla comunità scientifica.
Nonostante l’indiscusso genio di Turing e l’impatto del suo lavoro sull’esito della Seconda Guerra Mondiale, la sua vita si concluse tragicamente. Quella stessa Inghilterra che aveva sfruttato il suo talento per salvarsi la pelle, lo condannò ad un feroce martirio per la sua omosessualità. Umiliato e colpito da una grave depressione si suicidò dopo un anno di disumane terapie ormonali.

A cura di Mariaconcetta Pentangelo