Fatorexia, la vigoressia femminile

una_donna_allo_specchio_anoressia_e_bulimia_ci_fanno_vedere_diversi_da_come_siamoFatorexia,anoressia al contrario. E’ con questa malattia che Sara Bird ha convissuto per oltre vent’anni. Non si era mai accorta di essere obesa.

Convinta di godere di una perfetta forma fisica, ed abbastanza snella e tonica da non aver nulla da invidiare ad una modella,nonostante i suoi 44 anni e 2 figli,rispettivamente di 10 ed 8 anni ,Sara si sentiva bella,padrona del proprio corpo,un corpo che aveva idealizzato,immaginato.

A sentirla sembra una di quella storie che si vedono al cinema,frutto della contorta fantasia del regista,capace di lasciare tutti a bocca aperta con un effetto sorpresa da Premio Oscar: illudersi di appartenere a quell’universo di grazia e bellezza, da sempre fonte di ispirazione artistica,e poi accorgersi che cio’ che sei,coincide con una, seppur piacevole,mera suggestione.

Complice, l’uso di piccoli specchi con cui Sara , contemplava ed ammirava solo i lineamenti delicati del suo volto. Mai che avesse scelto di guardarsi per intero,mai una volta che avesse abbassato lo specchio all’altezza della vita. Alla XXL dei suoi pantaloni non badava,non ci faceva neppure caso. La sua attenzione era completamente rivolta agli accessori,gli smalti colorati,i trucchi e le scarpe,delizia di ogni donna,che nel caso di Sara rappresentavano una vera e propria ossessione,tutte diverse e tutte -come le definisce lei stessa-bellissime.

Era così sicura del suo peso-forma,che mai avrebbe pensato che una bilancia,nello studio del suo medico di fiducia,avrebbe distrutto quel castello di sabbia che in tutti questi anni aveva costruito sull’immagine di un corpo che non era il suo : “Circa 108 chili, lei è obesa”. Questa la diagnosi. Sara si guarda intorno incredula, convinta addirittura che qualcun’altra sia entrata nello studio medico e sia salita sulla bilancia al posto suo.

“Sono scoppiata in lacrime- lo racconta così quel giorno – tant’è che il medico per consolarmi mi ha suggerito dei seminari a cui avrei potuto partecipare per perdere peso. Ma mi sono subito rifiutata.

Mi spogliai e osservai la mia figura nuda davanti allo specchio. Devo ammetterlo: ero scioccata, non mi ero resa affatto conto di quel che ero diventata limitandomi a usare piccoli specchi che rimandavano solo l’immagine del mio volto. Ero arrabbiata con me stessa, come hai potuto ridurti in questo modo?, mi chiedevo. Poi ho capito.

Come le anoressiche si vedono intrappolate in un corpo grasso ,io mi vedevo in uno esile, anche se il mio non lo era affatto. E come loro fingono di mangiare quando in realtà rinunciano al cibo, io facevo finta di limitarmi a tavola mentre non facevo altro che ingozzarmi.

Ho coniato il termine “fatorexia” ed ho deciso di raccontare la mia storia in un libro perché guardandomi attorno ho capito che ci sono tante persone che condividono questo”.

La malattia di Sara,non è un disturbo così nuovo. Fu già individuato infatti, nel 1993 da Pope HG Jr, Katz DL e Hudson JI in un paper apparso su Comprehensive Psychiatry.

Anche se questo disturbo,conosciuto principalmente con il nome di “Vigoressia”,riguarda prevalentemente gli uomini,trova un riscontro analogo e coincidente con la storia di Sara.

La reverse anorexia ,l’ anoressia al contrario appunto,fu proposta in considerazione del fatto che, con modalità uguali e contrarie all’anoressia, chi soffre di questo disturbo continua a vedersi gracile e smilzo nonostante abbia una muscolatura fuori dal comune.

I disturbi del comportamento alimentare, detti anche Disturbi Alimentari Psicogeni (DAP)-affermava Laura Fornari- formatrice specializzata in pedagogia psicanalitica,“nascono dal rapporto distorto prima di tutto con sé stessi e con la propria individualità”.

La presa di coscienza è un primo passo per sconfiggere questo “male di vivere”. Per questo, le dichiarazioni di Sara lasciano sperare che possa diventare un modello di riferimento per chi come lei combatte ogni giorno con lo specchio e con ciò che vede riflesso:

“Non sono magra ma ne sono perfettamente consapevole. Probabilmente non riuscirò ad esserlo mai realmente, ma almeno ora sono in grado di guardare in faccia la realtà e vedermi per quel che sono. Non è poco”.

di Flavia Sorrentino.