Chiariamoci un po’ le idee
Atmosfera di un efferato conflitto impartisce insegnamenti di politica estera. Non è un annuncio relativo a un work in progress, ma la reale situazione che caratterizza quest’ultimo periodo italiano e non solo. Il conflitto? In Libia. In seguito ad un’intesa si è così deciso: la Nato non più distinta dalla Coalizione dei volenterosi (gruppo internazionale che ricorda, in primo luogo, la Coalizione multinazionale in Iraq al tempo in cui gli Usa si accingevano a colpire l’allora guida del regime iracheno Saddam Hussein) ma guida vera e propria della missione in Libia; missione che, si è affermato, durerà novanta giorni circa e che vede, tra i vari e stravolti obiettivi, quello della no fly zone, il cui comando avrà ,come punto fermo, la base Nato sita a Napoli. Al di là delle vicende belliche ( non di secondaria importanza) si presta attenzione non solo all’allarmismo di chi, crede, che una partecipazione dell’Italia al conflitto possa essere motivo di esposizione ad attacchi terroristici di quest’ultima (partecipazione che, nonostante alcune reticenze ,è già messa in atto, e che d’altronde è d’uopo per l’esistenza del Patto Atlantico tra le maggiori potenze occidentali, entrato in vigore nel 1949), ma anche alle azioni dei collettivi studenteschi che hanno animato Milano il 25 Marzo e che si presentano come rappresentative di una ribellione contro l’intervento militare internazionale in Libia. Il momento più ambiguo dell’ondata di uova colme di vernice rossa, carta igienica e fumogeni lanciati contro la sede dell’Unicredit, e più tardi diretta agli uffici Fininvest (icona finanziaria contro cui è stato ritenuto opportuno schierarsi), è stato quello in cui si è espressa la protesta contro Berlusconi,le speculazioni finanziarie e la Gelmini. Ora, che l’intervento militare e politico internazionale per quel che concerne la questione libica e le relative reticenze in merito siano legate a determinati interessi economici era abbastanza chiaro, ma la Gelmini? La Gelmini è il ministro dell’istruzione, che non mi sembra essere al centro del dibattito internazionale, ma piuttosto fautrice delle leggi sull’istruzione , nei confronti delle quali si era manifestata avversione anche e soprattutto in precedenza. Forse avevano pensato a una manifestazione cumulativa, in cui potersi sfogare delle insoddisfazioni sociali maturate nel corso dell’ultimo anno? Comunque sia e qualunque sia il punto di vista, sono stati riscontrati numerosi danni e disordini: è proprio il caso di dire che questa non può costituire la strada della risoluzione in quanto è necessario,innanzitutto, evitare atti di violenza gratuita, ma soprattutto chiarirsi le idee.
Francesca Morgante