Il codice McCarteny: Paul è morto?
«Paul McCartney potrebbe essere morto». Il tema di questo articolo non è una qualche indiscrezione proveniente dall’Inghilterra e riguardante le condizioni di salute dell’ex dei Beatles, ma le nuove scoperte su una delle più vecchie leggende metropolitane dello spettacolo, ossia la presunta morte di McCartney nel 1966 e la sua sostituzione con un sosia. Il famosissimo “P.I.D. ( Paul is dead )
Scoperte racchiuse in un libro intitolato “Il codice McCartney” – La verità sulla morte di Paul, scritto a quattro mani da Fabio Andriola ed Alessandra Gigante e pubblicato pochi giorni orsono, nel quale si cerca di andare oltre il puro pettegolezzo utilizzando moderne tecniche di investigazione. È probabilmente necessario fare un po’ di chiarezza sulla vicenda: la leggenda metropolitana, di “Paul è morto”, spesso abbreviata in PID, nacque intorno al 1967, in seguito alla pubblicazione su una rivista gestita da alcuni fan dei Beatles dell’ipotesi della morte di McCartney nel novembre dell’anno precedente in seguito ad un incidente automobilistico a Londra. A sostegno di questa tesi ci sarebbero numerosi indizi sparpagliati tra copertine e testi degli album del gruppo di Liverpool successivi a quel periodo. La morte di McCartney, secondo i sostenitori di questa teoria, sarebbe stata tenuta segreta dall’entourage della band nel timore che la cosa potesse nuocere alle vendite di dischi e gadget, e su idea del manager Brian Epstein e di John Lennon si sarebbe in seguito deciso di sostituire Paul con un sosia, che sarebbe quindi il McCartney che oggi tutti noi conosciamo. La diffusione di questa teoria scatenò ovviamente la fantasia di milioni di fan in tutto il mondo, che da quel momento si affannarono a cercare indizi negli album della band. Buona parte di questi indizi sono palesemente privi di fondamento: viene a volte citata come indizio la frase “Now we need a member” (“Ora ci serve un membro”) della canzone Help! (inserita nell’omonimo album del 1966), non considerando che il brano è antecedente alla data della presunta morte. Altri ancora sono manifestamente piuttosto stiracchiati, come quello del libretto dell’album Sgt. Pepper: nel retro-copertina George Harrison sembrerebbe indicare la frase “At five o’clock” (“Alle 5 in punto”), che secondo i sostenitori della teoria PID sarebbe l’ora della presunta morte di Paul. Esistono però altri indizi che, pur non essendo certamente risolutori, lasciano comunque qualche sospetto, o quantomeno solleticano la curiosità: l’esempio principale è nella famosa copertina di Abbey Road, quella nella quale i quattro Beatles attraversano le strisce pedonali di fronte al loro studio di registrazione londinese. In quella famosa immagine colpisce il fatto che Paul (unico dei quattro vestito di nero) abbia un passo diverso rispetto agli altri tre, cammini a piedi scalzi, e tenga una sigaretta con la mano destra nonostante sia notoriamente mancino. Per chi sostiene che McCartney sia morto, questa sarebbe la dimostrazione del fatto che quello ritratto nella foto sia in realtà il sosia e non l’autore di Yesterday e Let it be.
Il libro di Andriola e Gigante, pur prendendo spunto dai pettegolezzi e le dicerie sull’argomento, cerca di affrontare il tutto da un punto di vista più scientifico, con l’utilizzo di tecniche quali l’identificazione antropometrica (con la misurazione di parti del corpo che non mutano dimensione nel corso della vita), perizie vocali ed analisi grafologiche. Tutti questi test sono stati effettuati mettendo a confronto immagini e documenti di “prima” e “dopo” il presunto incidente del ’66. Il risultato? Le analisi dei due scrittori sembrerebbero avvalorare la possibilità di una sostituzione di McCartney con un somigliantissimo sosia ma, dicono, non possono comunque affermarlo con certezza in assenza di ulteriori accertamenti.
Tanto vale rassegnarsi, quindi: forse l’unico a conoscere la verità su questa vicenda è lo stesso Paul McCartney. Sempre che sia ancora vivo.
Antonio Elia
www.freequenze.it