LA PROTESTA DELLE DONNE SAUDITE : NONOSTANTE IL DIVIETO Di GUIDA, SFIDANO IL REGNO E SI METTONO AL VOLANTE.

602-408-20110617_134729_F98CED28Non sono bastati l’arresto di Manal al Sherif, le intimidazioni e l’avvertimento degli uomini di usare l’Iqual (tipica corda atta a coprire il capo ) , come strumento di punizione per infliggere pene corporali sulle donne arabe che avessero perseverato nell’idea di difendere il proprio diritto a guidare. Venerdì 17 Giugno le donne dell’Arabia Saudita hanno mantenuto fede alla promessa fatta in seguito all’arresto di Manal, mettendosi al volante e manifestando per la propria indipendenza.

Il nome e la storia di Manal al Sherif , arrestata per 10 giorni e rilasciata solo dopo aver firmato un documento in cui si impegnava a non guidare mai più, hanno fatto il giro del mondo attraverso face book e youtube e proprio grazie al web è partita la mobilitazione, a cominciare dalla campagna online “Women2Drive” , promossa con l’obiettivo di convincere le autorità a revocare il divieto di guida per il sesso femminile. Ad incoraggiare tutte è stata Nassaf che a mezzanotte del 17 ha preso l’auto, ha guidato fino al supermarket ed è rientrata a casa senza problemi. A filmare e pubblicare su youtube ,una sua amica, che ha caricato il video della “prima guidatrice di Raid del 17 Giugno 2011”. A seguire il buon esempio tante altre donne dopo di lei, ma solo al sorgere del sole le guidatrici sono diventate tantissime, testimoniando la partecipazione attraverso la condivisione di video che le ritraggono fiere e determinate al volante.

49365831e31f4f44649c206ca9ead85d_XLNon esiste alcuna norma scritta che vieti alle donne in Arabia di guidare, se non una fatwa, editto non vincolante, diffuso nel 1991 dopo che 47 donne coraggiose sfidarono il bando imposto da religiosi e iper-conservatori, sfilando in un corteo di auto per il centro della capitale. Anche allora come oggi, furono arrestate, picchiate e minacciate e nonostante le tantissime petizioni fatte al Re, nulla è mai cambiato. Per questo motivo nel vademecum diffuso tramite face book dalle promotrici della campagna femminile, si è tenuto a precisare che le “ribelli” non avrebbero avuto un unico punto di incontro, così da evitare un fermo di massa come quello verificatosi proprio nel ’91. Le donne coperte da un niqab nero, il velo in uso nei paesi ultraconservatori islamici che lascia scoperti solo gli occhi, sono state invitate ad esporre sul cruscotto dell’ auto il simbolo della campagna, una bandiera saudita e una scritta inneggiante al re, Abdullah, per dimostrare fedeltà assoluta alla corona. Nel vademecum , si legge inoltre, che con molta probabilità potrebbero essere fermate e per questo motivo è opportuno farsi accompagnare da un uomo, mentre il massimo della pena prevista è una reprimenda e l’obbligo di firmare un foglio di scuse.

L’onda di cambiamento che sta travolgendo il mondo arabo è stata fin da subito recepita dalle donne saudite, che usando principalmente Internet come mezzo di comunicazione, hanno preso la guida del movimento di protesta nel regno, organizzando prima una campagna per difendere la propria autonomia alla giuda, in un Paese in cui non è permesso nulla se non sotto l’occhio attento di un “guardiano” maschio e poi una seconda campagna per chiedere di essere ammesse al voto nelle elezioni municipali di settembre.

Come per la prima iniziativa, anche la seconda ha spopolato sul web e non solo : un gruppo di donne, americane e saudite espatriate, ha circolato in macchina intorno all’ambasciata saudita a Washington per chiedere l’abolizione della legge e il sostegno del segretario di Stato Hillary Clinton. Su youtube è nato HonkforSaudiWomen, il canale che raccoglie i video di donne e molti uomini che hanno scelto di salire in auto e suonare il clacson delle proprie automobili alle ore 15.00 , per appoggiare la battaglia e dedicare un pensiero alle donne arabe. Sui social network invece, la protesta è stata sostenuta anche attraverso la musica, che da sempre unisce i popoli di tutto il mondo : la scelta come colonna sonora per questa battaglia è stata tra You Can Drive My Car dei Beatles e Mr Cab Driver di Lenny Kravitz .

“Tutto quello che chiediamo è di poter guidare la macchina per la nostra esistenza quotidiana, senza dover fare affidamento sugli autisti- racconta Nassaf in un’intervisita – non amiamo il traffico o stare al volante. Tutto quello che vogliamo è andare al lavoro con la macchina, o spostarci con la macchina quando lo desideriamo . Credo che la società saudita sia pronta per accogliere la nostra richiesta”.

A cura di Flavia Sorrentino.