Colti dal nubifragio
C’è chi desidera acqua per gettarla sui carboni ardenti degli umori; chi la reclama per ripulire, sollevandosi il morale, le città, anzi, la città. La città delle corsie ospedaliere imbrattate, negli ultimi giorni, dalla spazzatura; Napoli.
Non è possibile per gli addetti alle pulizie offrire il servizio poichè, da circa due mesi, non sono retribuiti e allora, quelli che possono facilmente raggiungere le sedi ospedaliere, vi si recano per dedicarsi al massimo alle sale operatorie e alle aree del pronto soccorso; quelli bloccati dallo sciopero di alcuni mezzi pubblici, ovvero circumvesuviana, cumana e circumflegrea (perchè nel frattempo è successo anche questo), non giungono affatto a destinazione. E mentre i familiari dei degenti si rimboccano le maniche per salvaguardare almeno l’igiene, a Genova ci si rimbocca le maniche per affrontare, nel migliore dei modi, i prossimi giorni. La tragedia è attribuibile a un monsone tropicale che sembra abbia segnato lo sconvolgimento in un misero quarto d’ora.
Alle ore 12 un volontario sull’argine del Feraggiano (affluente del Bisagno, nonchè responsabile anch’esso dell’inondazione) aveva dichiarato la condizione di “giallo basso” che sta per : “non occorre evacuare la zona”. Alle 12.17 infuriava quello che è stato definito un vero e proprio tsunami, sconvolgendo in soli diciassette minuti la vita di una intera comunità cittadina e non solo: 6 morti, dispersi vari e disperazione. Non c’è lacrima che possa rendere l’idea, non c’è parola che possa confortare. Genova è in ginocchio! L’acqua lì è presente in quantità spropositate e allora, idealisticamente, rasentando la follia, sarebbe bene prenderne un po’ per spegnere un po’ dei nostri carboni, per eliminare lo sporco non tanto dei disservizi, ma dei motivi che li hanno generati; per ripulire la nostra faccia cosicchè, almeno per assurdo, si allevi la sofferenza dei Genovesi, ai quali va la nostra assoluta solidarietà.
Francesca Morgante