Midnight in Paris
Un aspirante scrittore che a poco a poco perde la testa, ritrovandosi in mezzo ai fantasmi del passato: questa non è solo la premessa della trama di “Shining” di Kubrick, ma anche l’idea che ha fulminato Woody Allen nel momento in cui il regista si è interrogato su cosa sarebbe accaduto una volta scoccata la mezzanotte a Parigi.
Sullo schermo, prima ancora di vedere il titolo del film, Allen sottopone lo spettatore a un montaggio di tre minuti composto da immagini cliché della capitale francese: la Torre Eiffel catturata da ogni angolo, Bastille, l’Opera e gli Champs Elysèes, quasi come se volesse immediatamente sbarazzarsi della Parigi da cartolina, per dedicarsi, invece, alla dimensione più magica della Ville. Protagonisti sono un gruppo di californiani in vacanza a Parigi, gente che può permettersi in un battibaleno di pagare ventimila euro per comprare una sedia dall’antiquario. Uno di loro è l’aspirante romanziere Gil (Owen Wilson), uno sceneggiatore in fuga dai soliti polpettoni hollywoodiani che gli commissionano, che rimane stregato dalla bellezza della città al punto da voler lasciare per sempre Los Angeles. Chi gli sta accanto ama sottolineare che lui è affetto dal “complesso dell’età dell’oro”, cioè quello di preferire epoche antecedenti a quella in cui si vive. Lo scrittore ci mette poco a fare quel passo che trasforma i sogni in realtà, ritrovandosi nei salotti della Parigi di inizio 900, al fianco di Ernst Hemingway, Scott Fitzgerald, Pablo Picasso e tanti altri artisti.
Se l’ultimo “Incontrerai l’uomo dei tuoi sogni” (il film che Allen ha presentato a Cannes nel 2010) era solo una riflessione en passant sulla gente che si fa manipolare, “Midnight in Paris” è un film che in primis è realizzato con il cuore, nonché – a detta dello stesso regista – una storia piena di speranza, rappresentata dalle infinite possibilità oniriche che Parigi è in grado di offrire. A fare da alter ego ad Allen c’è questa volta Owen Wilson, bravo e circondato da una squadra di attori in parte, su cui spicca una Rachel McAdams che per una volta non interpreta l’oggetto del desiderio, preferendo, invece, scatenare il suo lato da donna virago. Tra paradossi temporali e un susseguirsi di gag, Woody Allen gira libero, felice di raccontare il lato esagerato dei più grandi artisti che hanno popolato Parigi nel passato e che lui ha sempre amato. E dallo schermo viene filtrato un messaggio in cui cinismo e positività riescono a coesistere: esplorare fino in fondo i propri sogni proibiti può permetterci di trovare il coraggio di fare quello che vogliamo. Tra magia e ironia “Midnight in Paris” riesce senza dubbio a essere il migliore film di Woody Allen sin dai tempi di “Match Point”.
Paolo Russo