Post-it
Creazioni variamente figurative vestono la piccola area di un post-it, per opere d’arte complesse e molteplici, dove lo sguardo dell’osservatore incredibilmente spazia, e si poggia ora su un dettaglio, ora su un altro, è “Post-it – Artoffice”, la personale di Michele Fiore allestita presso L’Atelier – Istituto per la Diffusione delle Scienze Naturali, visitabile su appuntamento fino alla prossima settimana (info 0815581367). Nell’elegante e sobrio spazio di via Tito Angelini 41, Fiore ricopre le pareti della prima sala con piccoli puzzle dei celeberrimi fogliettini dai colori fluo: volti appena accennati si imprimono con forza e coraggio, grazie al sapiente uso dei pennarelli. Gli strumenti poveri per antonomasia di cui l’ingegnere fa uso, dimostrano una tecnica e una padronanza assolute; egli, infatti, è in grado di modularne l’intensità di colore come se si trattasse di pittura ad olio o tempere, riuscendo mirabilmente a porre ombre e rilievi, in opere intensamente prospettiche. «Le mie creazioni sono lo sfogo di un momento; nascono di getto, nella follia di una notte, nello spazio di un’emozione -spiega Fiore-. Spesso la noia di un ufficio affollato, lo stress di un lavoro importante, le continue pressioni cui la vita ci sottopone si trasformano in naturali ispirazioni delle mie piccole opere». La mostra, a cura di Claudio Salerno e Paola Ricciardi, non si esaurisce nei coreografici “puzzle”, bensì si arricchisce con il quaderno-album – dove il nero di china delinea paesaggi vagamente fumettistici, rovine antiche di templi senza tempo, terre lontane immerse nella magia di un’atmosfera onirica, e skyline avveniristici – e degli A4 dove cromatismi esasperati rievocano noti paesaggi urbani. Il nero fumoso e alto lascia che un caldo rosso e un arancio dolce lo penetrino, regalando alla carta un’appena percettibile Ville Lumiere, mentre i blu elettrici si fondono con candidi spazi vuoti, leggere echi di giardini zen, quelli tanto cari a Calvino. A rendere significativamente suggestiva la seconda sala è l’installazione audio-video: un proiettore amplifica sulla parete i volti e i profili che Fiore disegna sui post-it, mentre una pulitissima musica elettronica si pone come soundtrack di questo viaggio nel panorama umano, indagato, metabolizzato e reinterpretato dall’eclettico artista. «Ciò che mi ha impressionato dei suoi lavori -dichiara Paola Ricciardi- è l’uso così proprio, compiuto e sapiente di materiali poveri e commerciali che, improponibili per chiunque, segnano un tratto deciso, ma mai sgradevole. Una semplicità straordinaria che avvicina all’arte, concretamente».
A cura di Rosaria Morra