Napoli, benzina e Imu: famiglie in crisi, sollecitato il governo a intervenire urgentemente con politiche sociali.
Dopo “l’ennesimo record negativo” nel 2011 del risparmio delle famiglie, certificato dall’Istat, e di fronte a prospettive di rincari diffusi nel 2012, un coro di appelli sollecita il governo a intervenire con urgenza con politiche sociali per far fronte a una situazione sociale drammatica, che ha portato alcuni anche a gesti estremi.
Le famiglie sono schiacciate dalle spese: gli aumenti solo per energia e tasse, dalla benzina all’Imu, porteranno a una stangata di quasi 2.000 euro, secondo Federconsumatori e Adusbef. Fra rincari di benzina, riscaldamento, luce e gas, l’aumento sul 2011 è stimato in 982 euro, a cui si aggiungono addizionali Irpef, Imu, Iva, per di 997 euro annui. A queste va aggiunto “l’incessante incremento dei prezzi” per “fenomeni speculativi” dicono Rosario Trefiletti ed Elio Lannutti.
Quattro le richieste di intervento: immediata trasformazione in decreto legge del disegno di legge sul default dei consumatori; taglio delle accise sui carburanti e istituzione dell’Iva mobile; varo di una reale riforma fiscale che tagli le aliquote Irpef dei lavoratori dipendenti e dei pensionati, utilizzando le risorse recuperate con la lotta all’evasione fiscale e con l’aumento dell’Iva; cantierizzazione immediata di opere pubbliche capaci di iniettare risorse per lo sviluppo e creare occupazione diretta e da indotto produttivo.
“Troppi suicidi, troppi fallimenti economici familiari, troppa disoccupazione, troppe tasse sono una miscela esplosiva – osserva il segretario generale di Adiconsum, Pietro Giordano – che rischia di portare il Paese sul crinale di una emergenza sociale ed economica sempre più drammaticamente tangibili”. Secondo Giordano, “non è possibile continuare a passeggiare lungo quello che sempre di più appare come un baratro”.
Il 2012 sarà “l’annus horribilis per le famiglie italiane” ma anche per le imprese secondo il responsabile lavoro e welfare dell’Italia dei Valori, Maurizio Zipponi secondo cui “l’Italia è in una spirale”. Per la responsabile Politiche per la Famiglia del Pd, Cecilia Carmassi, “i nuovi dati Istat segnano un ulteriore campanello di allarme”; “c’è un graduale impoverimento delle famiglie” che “avrà un ulteriore impatto su tutta l’economia a cominciare dal commercio”.
Da parte sua, il Codacons osserva che “dal 2002 le famiglie perdono potere d’acquisto senza che nessun Governo sia mai intervenuto per salvaguardare la loro capacità di spesa”.
Secondo il presidente della Confcommercio Carlo Sangalli, il calo dei consumi, mostra “uno scenario recessivo e in peggioramento” per cui “occorre disinnescare anzitutto la ‘mina’ degli ulteriori aumenti Iva in autunno”.
L’appello del presidente designato di Confindustria Giorgio Squinzi è “ritrovare la crescita” mentre il segretario confederale della Uil, Antonio Foccillo, invita il governo a “un cambio di passo nelle decisioni di politica economica rivolta alla crescita e allo sviluppo” e a trovare le risorse “facendo pagare chi non l’ha mai fatto”.
Si infoltisce la platea dei Comuni che applica l’imposta di soggiorno, nuovo balzello che peserà inevitabilmente sulle tasche dei turisti che soggiorneranno nelle strutture ricettive anche nell’imminente week end di Pasqua, per non parlare delle festività del primo maggio e del 25 aprile. Se infatti nel 2011, anno di debutto dell’imposta prevista dal decreto sul federalismo municipale, i Comuni che l’avevano applicata si contavano sulle dita di una mano (Venezia, Roma, Firenze, Padova, Vieste, Villasimius), quest’anno – rileva un’indagine della Uil Servizio Politiche Territoriali – “una moltitudine dei cosiddetti Comuni turistici stanno ricorrendo a questa tassa, introdotta dal precedente Governo, che sta infiammando il dibattito tra favorevoli o contrari in tante località”.
Dal 2011, ricorda l’organizzazione sindacale, i Comuni capoluogo di Provincia e i Comuni inclusi negli elenchi regionali delle località turistiche o città d’arte, possono istituire un’imposta di soggiorno a carico di coloro che soggiornano nelle strutture ricettive. Ad oggi, anche se è difficile fare un censimento completo visto che la maggioranza dei Comuni italiani ha forte vocazione turistica, sono oltre 480 i Comuni che applicano l’imposta di soggiorno. Ci sono Comuni, poi, che hanno aumentato le tariffe, dove nel 2011 si pagava da 0,50 a 2 euro per notte, mentre, da quest’anno, si pagherà da 1 a 2,50 euro per notte.
“Tra l’altro con questa imposta, che si prefigura come una vera e propria tassa di scopo, si potrebbe creare, soprattutto in quelle località ad alto impatto turistico, quel circolo “virtuoso” in grado di mettere in moto l’occupazione locale attraverso investimenti nelle opere infrastrutturali turistiche. La nostra impressione – conclude – è che invece ci si stia incamminando da tutt’altra parte, come dimostrano i recenti aumenti delle aliquote dell’Imu, della Tassa sui rifiuti e delle varie addizionali: il timore, dunque, è che questa imposta serva, soltanto, per non far piangere le casse dei Comuni”.
Di Redazione