A rischio le spiagge salentine di Melendugno
Da Carmen Mancarella, Direttore della rivista di turismo e cultura del Salento “Spiagge” ci giunge un accorato appello per un grave problema ambientale.
“Acciaio e cemento sotto una morbida spiaggia bianca del Salento. 1.900 ulivi divelti. Il rischio incombe sul litorale Caciulara San Basilio, a San Foca, una delle cinque marine di Melendugno, sul Mare Adriatico, insignita per ben quattro volte della Bandiera blu e Le cinque Vele di Legambiente e distante appena un chilometro e mezzo dalla riserva naturale di interesse internazionale Le Cesine. Siamo in una zona ad alta intensità turistica, dove i giovani si sono inventati un lavoro, puntando sul turismo e sulla tutela delle risorse naturali, tra numerosi siti di interesse comunitario e un sito archeologico di straordinaria bellezza, Roca Vecchia, la Micene del Salento. Su appena 500 metri di arenile, che viene puntualmente segnalato dalle riviste di turismo nazionali tra le spiagge più belle della Puglia, ci sono ben tre stabilimenti balneari. E poco distante sorge un residence albergo. Qui depongono le uova le tartarughe di mare, caretta caretta.
Qui la TAP AG ha progettato l’approdo di un gasdotto che parte dall’Azerbajian, risparmia, giustamente, le bellissime coste della Grecia, attraversa le montagne a 1.990 metri sul livello del mare, per arrivare in Albania dalla cui costa dovrebbe immettersi in mare, poggiandosi per 111 chilometri sui fondali del Canale d’Otranto, un mare, avvisano gli esperti, particolarmente esposto alle correnti e a forte rischio sismico. Il gasdotto approda poi sulla spiaggia La Caciulara San Basilio a San Foca. Ma, siccome anche l’occhio vuole la sua parte il tubo di acciaio ricoperto da cemento armato si immergerà sotto la sabbia e le dune con un micro tunnel a una profondità di 18 metri. La voragine scavata nei fondali per ottenere l’immersione del gasdotto sarà ricoperta da cemento armato e malta.
A spiegare che cosa succederà al territorio salentino se il progetto dovesse essere approvato dal Governo e i rischi per l’ambiente e la salute dell’uomo sono stati 25 esperti tra architetti, ingegneri, geologi, chimici, medici, avvocati chiamati a mettere a disposizione le loro competenze dal Comune di Melendugno e coordinati dal professore del Politecnico di Bari, ingegner Guido Borri per presentare il proprio rapporto al Ministero dell’Ambiente in opposizione alla realizzazione del gasdotto. «Abbiamo convocato questi esperti – dice il sindaco di Melendugno, Marco Potì – perché potessero liberare il Comitato No Tap e il territorio dall’accusa di campanilismo o sindrome Nimby. C’è un lavoro serio dietro le osservazioni presentate, non potranno dire che siamo degli estremisti incompetenti, ci sono dei grandi professionisti tra le firme del contro-rapporto che svela tutti i punti più controversi del progetto».
I risultati sono stati da poco resi noti nel corso di un incontro dal titolo: “TAP, LE RAGIONI DEL NO”, nel Nuovo Cinema Paradiso a Melendugno, gremito di salentini. Il gasdotto dopo essere riemerso in pineta si snoderà via terra. Per consentirne il passaggio e creare le zone di sicurezza e la viabilità di emergenza intorno, saranno divelti 1900 ulivi secolari, in un paese che vanta di detenere il 4% della produzione di olio, a livello regionale. A Melendugno, poi, in località Masseria del Capitano, dove ci sono i dollmen preistorici Placa e Gurgulante, sarà realizzata la centrale di depressurizzazione, con camini alti dieci metri per smaltire i fumi. Intorno il deserto: 12 ettari di terreno, vasto quasi quanto 24 campi di calcio, dove non sarà ammessa alcuna attività. La centrale servirà per riportare la temperatura del gas ad un valore di almeno tre gradi centigradi. Il Consiglio comunale ha peraltro dichiarato con delibera del 14 ottobre scorso inidoneo il luogo destinato a ospitare la Centrale di depressurizzazione, perché si trova molto vicino ai centri abitati di Melendugno, Vernole e Calimera e perché sorge in una zona non industrializzata, fatta di masserie e uliveti che caratterizzano il tipico paesaggio salentino. Non si indica nel progetto dove si andrebbe ad attingere l’acquanecessaria a far funzionare l’impianto con il grave rischio di prosciugare il già delicato equilibrio delle falde freatiche salentine.
A meno che, non ci arrivi volando, il gasdotto attraverserà poi anche i vigneti di Negroamaro del Nord Salento per arrivare ad immettere il gas nella centrale SNAM di Mesagne. Tutta questa opera sarà dimessa tra 50 anni o poco più, avvertono gli esperti. La società, che intende realizzarla, la considera “opera persa”. I tubi di acciaio ricoperti di cemento armato per un diametro di tre metri, saranno abbandonati in balia delle correnti del mare e degli agenti meteorologici, lentamente corrosi e mai smaltiti da alcuno. Un bel regalo per le generazioni future, i bambini di oggi, per i quali i loro genitori stanno lavorando con grandi sacrifici, inventandosi attività turistiche, nella speranza di consegnare a loro una terra migliore! ”