Addio a Francesco Rosi
Il cinema italiano dice addio ad un uomo, il cui impegno civile e la tecnica cinematografica hanno rappresentato una vera e propria svolta capitale nel modo di concepire la settima arte, che per Rosi era essenzialmente strumento di denuncia e riflessione sulla realtà del proprio paese. “Per la mia generazione fare cinema significava fare politica. Con i nostri film volevamo far crescere la coscienza sociale ”, aveva affermato il regista. I suoi film sono sempre rimasti fedeli ad un profondo senso della verità, così come l’uomo che li aveva creati, anche a costo di subire polemiche feroci come quelle scaturite da Le mani sulla città (1963). Grazie alla sua esperienza giovanile da giornalista, Rosi fu tra i primi ad affiancare del materiale documentario alla ricostruzione cinematografica, come in Salvatore Giuliano e in Il caso Mattei.
Francesco Rosi nasce a Napoli il 15 novembre del 1922 ed inizia la sua carriera nel mondo dello spettacolo alla fine degli anni 40 come assistente alla regia di Luchino Visconti per il film La terra trema (1948) e Senso (1953). Il suo primo lungometraggio, La sfida, viene alla luce nel 1958 dopo aver collaborato a varie sceneggiature (Bellissima, 1951, e Processo alla città, 1952) e aver lavorato fianco a fianco con Goffredo Alessandrini e Vittorio Gassman. Nel 1962 inaugura il filone dei film-inchiesta con Salvatore Giuliano, in cui ripercorre la vita del celebre malavitoso siciliano e l’anno dopo dirige Le mani sulla città, che lo consacra come massimo esponente del cinema di denuncia e che gli vale il Leone d’Oro alla Mostra di Venezia. Tra gli altri suoi film è doveroso citare Il caso Mattei (1972) con protagonista Gian Maria Volontè nel panni del presidente dell’Eni morto misteriosamente nel 1962; Lucky Luciano (1973) in cui Rosi ritorna ad interessarsi al mondo della malavita attaccando senza mezzi termini la politica facilmente corruttibile; Cristo si è fermato ad Eboli (1979) tratto dall’omonimo romanzo di Carlo Levi. Tra i suoi ultimi film, girati tra gli anni ’80 e la metà degli anni ’90, ricordiamo Cronaca di una morte annunciata (1987) , tratto dal romanzo di Gabriel García Márquez e Dimenticare Palermo (1990). Gli anni 2000 coincidono con un ritorno di Rosi al mondo teatrale, in particolare quello partenopeo, dirigendo alcune commedie di Eduardo de Filippo. Nel 2012 la Mostra di Venezia gli assegna il Leone d’Oro alla carriera.
A cura di Mariaconcetta Pentangelo