Al Totò in scena “Le catene dell’uomo”, venti giovani attori affrontano le diversità nel lavoro teatrale di Maria Sorrentino
Teresa Lucianelli
È dedicato alla diversità, all’emarginazione, alla ghettizzazione ed alla violenza sui più deboli il lavoro firmato da Maria Sorrentino “Le catene dell’uomo – Diversi” in scena mercoledì 16 marzo al teatro Totò di Napoli.
Un eterogeneo spettacolo nel quale convergono espressioni di diversi generi teatrali, incluso il documentario che si presenta essenzialmente come una precisa e per molti versi cruda proposta di riflessione attraverso la presenza di due personaggi: don Giuseppe Diana e un barbone. Il primo, simbolo del coraggio e della legalità, rappresenta l’agire emblematico di fronte alla società che impone apparenza: il secondo, da uomo libero e provato da mille vicissitudini, pone gli interrogativi della quotidiana coscienza. E da questo interscambio stimolante per il pubblico, ecco che emergono i vari temi trattati, tutti incentrati sui diritti umani.
Maria Sorrentino, regista e autrice, con questo spettacolo intende, insieme ai suoi giovani venti attori, di sferzare lo spettatore al ragionamento, ad una meditazione sulla vita e le sue incongruenze, ad una presa di coscienza.
L’accettazione del figlio “diverso” in famiglia, fin troppo spesso sentito come il fallimento del genitore e della coppia, costituisce uno dei temi centrali e più attuali di “Le catene dell’uomo – Diversi”. Ci sono poi, tra gli altri temi, quello della donna violata tra le mura domestiche, lo straniero senza diritti, la prostituzione minorile, la ragazza abusata, il poliziotto sfiduciato, la schiavitù degli africani, la difficoltà di vivere in libertà, la violenza in ogni sua espressione, che colpisce i più deboli.
“Il diverso non è solo il delinquente, l’extracomunitario, l’omosessuale, il nero, il tossicodipendente, ma ognuno di noi proteso in una espressione dell’ essere unico e irripetibile” spiega Maria Sorrentino.
Lo sviluppo dei vari interrogativi, svelano man mano, la vita di Don Giuseppe Diana, ucciso per i suoi ideali, per la legalità.
“Il testo sottolinea che non è “legale” quella società, dove ognuno pensa di aver realizzato il proprio dovere di cittadino e di uomo, solo perché non si riconosce in quella parte di società malsana – continua la regista – per cui parlare di legalità, significa scardinare prima di tutto quella illegalità che sviluppa le radici tra l’indifferenza ed il silenzio di un mondo pseudo-legale, chiuso in un finto perbenismo, incapace di superare i propri egoismi per garantire dignità ad ogni individuo, liberandolo da una retorica buonista e cieca che offende l’uomo nella sua autenticità”.
Da segnalare l’utilizzo di materiali multimediali realizzati a livello amatoriale pure e quello di brevi parti significative di alcuni film come Amistad, Via col vento, Indovina chi viene a cena, che forniscono il gancio per approfondire i vari argomenti che si susseguono e, allo stesso tempo, di individuare differenti punti di vista sia morali che sociali.
Per favorire il coinvolgimento globale degli spettatori, alcuni momenti dello spettacolo sono strutturati in platea “quasi a voler creare una anima unica che rispecchia l’unicità dell’essere nel suo esclusivo e irripetibile divenire”.
I costumi, forniti da Vincenzo Canzanella, sono a cura di Rossella Sirico. Luci: Enzo liquori; musiche: Marco Graziani e Lele Esposito Sulla scena, venti giovani appassionati attori amatoriali: Luigi Tuccillo, Alessandra Russo, Luca Romano, Ivan Piccolo, Raffaele Franzese, Alessandro Piccolo, Rossella Sirico, Lidia Aquino, Giovanna Esposito, Giusy Fabbrocini, Nunzia Romano, Debora Sacco, Zinaida Di Mauro, Luciana Giordano, Armando Vivolo, Salvatore Cardillo, Florinda Capasso, Ludovica Sacco, Luigi Piramide, Ornella Spezie.