Bangkok: l’esercito blocca la rivolta che durava da sei settimane. Morto un fotografo italiano.
È finita nel sangue la rivolta dei dimostranti antigovernativi in Thailandia che durava da circa sei settimane. Le “camicie rosse” assediavano la zona commerciale di Bangkok per chiedere al premier Abhisit Vejjajiva di indire nuove elezioni.
Dopo una settimana di tregua, su ordine del governo, l’esercito ha mosso una prima offensiva per tentare di riprendere il controllo della zona. Secondo alcuni testimoni, le forze dell’ordine avrebbero in un primo momento lanciato dei lacrimogeni sui dimostranti e, successivamente, alla risposta a suon di molotov di questi ultimi, hanno iniziato a sparare ad altezza d’uomo, ferendo, tra gli altri, tre giornalisti.
Il primo ministro thailandese, nei giorni scorsi aveva anche provato a risolvere la situazione in modo diplomatico, ma le sue proposte erano state ritenute inadeguate dalle camicie rosse che, nella voce dell’ex premier in esilio, Shinawatra, avevano rilanciato con una controproposta basata su quattro punti: 1) fermare la repressione; 2) revocare lo stato di emergenza; 3) aprire negoziati con i dimostranti per trovare una soluzione pacifica; 4) tentare la riconciliazione con tutti i partiti coinvolti.
In seguito al rifiuto di tale proposta da parte del governo, Natthawut Saikua, uno dei tre leader principali dei dimostranti, aveva dato un ultimatum al governo, intimandolo di provocare una grande tragedia durante la notte se non si fosse sciolto il parlamento in giornata. A questo punto, immediata è stata la risposta dell’esercito che ha assalito l’accampamento dei dissidenti sin dalle prime ore della notte, sfondando le barricate con i mezzi blindati. Dopo qualche ora di resistenza, un altro dei capi dimostranti, Jatuporn Prompan, ha invitato tutti ad arrendersi, onde evitare altro spargimento di sangue. Molti però non si sono arresi ed hanno trovato rifugio nel tempio buddista di Wat Phatum , dove già da alcuni giorni avevano trovato rifugio anche alcune donne con i bambini.
Dopo la dichiarazione di resa, l’esercito ha diramato un comunicato dove ha annunciato la fine dell’operazione militare, precisando che l’area commerciale di Bangkok era tornata sotto controllo. Il triste bilancio delle vittime dall’inizio della guerriglia è di 68 morti, di cui 39 solo nell’ultima settimana, e di oltre 1700 feriti. Le vittime sono in gran parte civili, tra le quali il fotoreporter italiano Fabio Polenghi, rimasto coinvolto proprio nell’ultimo assalto, quello che ha posto fine agli scontri. Polenghi, 45 anni, era single e viveva a Milano. Dopo aver lavorato per anni presso agenzie e testate di calibro internazionale nel settore della moda (Elle, Vogue, Vanity Fair,), dal 2004 era diventato freelance per seguire quella che era la sua primordiale passione: la fotografia. L’amore per il suo lavoro lo aveva portato negli ultimi anni a trovarsi spesso in zone disagiate, non ultima la Cambogia, dove era stato ospite di Emergency ed aveva anche collaborato, ovviamente in maniera del tutto spontanea e non retribuita, con l’associazione umanitaria stessa.
Cordoglio per la morte di Fabio Polenghi è stato espresso da tutte le forze politiche e dal Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. In particolare è stata sottolineata l’importanza del lavoro svolto da parte degli operatori dell’informazione, che a volte pagano a carissimo prezzo la passione per il loro lavoro che li porta a voler raccontare i fatti in modo sempre più genuino.
Al cordoglio espresso da più parti in questi giorni, si unisce anche la redazione di Donna Fashion News che esprime tutta la sua solidarietà alla famiglia di Fabio, ucciso mentre svolgeva con estrema passione il suo lavoro.
A cura di Mario Sabljakovic