Celine algida e decostruita
Contemporaneità decostruita e glamour sussurrato da Celine, moda difficile e assai rischiosa. La passerella del marchio francese (gruppo Lvmh) si snoda nell’enorme spazio coperto del Tennis Club di Parigi eppure, con sadico snobismo, sono stati organizzati pochi posti a sedere lungo un serpentone in mattonelle bianche e rosse, con l’aggiunta qualche sgabello di cemento dipinto. Insomma una messinscena che serve ad appagare più il senso artistico che il comfort degli invitati. Del resto Phoebe Philo, direttore creativo della maison, è una inglesina quarantenne che poco concede e per niente si concede. Aspetto algido come la sua moda, la stilista ha fatto una collezione che tratta la femminilità freddamente, come se dovesse sezionarla sul tavolo anatomico senza sentimenti ed emozioni. Prendiamo le prime uscite, in fondo i pezzi più belli: pizzo nero maltrattato, slabbrato, ma rilavorato applicandovi fiori di lana bianca. Detto così, sembra un materiale pronto per essere molto romantico, ma non lo è. Che sia una lunga gonna portata con il golf a coste inglesi ed enormi polsini di seta, che sia un completo con la cintura a bustino sbottonata o che diventi un abito con l’orlo di piume bianche oppure una redingote orlata di visone, resta sempre al di qua delle emozioni. Phoebe Philo, e questo è un merito, riesce a fare tutto in modo non lezioso: anche gli abiti sottoveste diventano severi, sui seni hanno due rombi di colori diversi, stanno addosso come grembiuli ed ecco che ci si dimentica della nudità. C’è molta maglia sulla scena, portata anche con borse di pelle che sembrano fondine, mezzi corpetti, protesi protettive. Oppure hanno incongrui rigonfiamenti applicati sui seni, quasi dei reggiseni da bambina, tricottati come il vestito. I trench ampi sono stretti da una coulisse in vita, a tracolla c’è un unico modello di borsa, una enorme sacca da shopping in vari colori ma di dimensioni tali che per non farla strusciare a terra bisogna essere altissime. Glamour decostruito, pare sia questa la parola d’ordine della stilista e in effetti c’è tanta decostruzione, ma il glamour è più che altro per gli appassionati della materia. La collezione naturalmente verrà soppesata, copiata, discussa, ma resta poco convincente: tagli di stoffa che diventano sottane asimmetriche, anche sovrapposte. Oppure poncho senza regole su gonne irregolari. Una serie di camicie con vaga fantasia di animali, lunghe sciarpe sottili con batuffoli enormi di pelo. Scarpe grosse da ginnastica o di pelle intrecciata, l’alternativa è tra l’infermiera e la governante. Poi le tute da benzinaio, ma di cashmere chiaro, elegantissime, diritte, scostate, scollate a V su sottostante dolcevita, e tanto punitive. Si può continuare con la parte imbottita, dei semplici piumoni da letto allacciati come mantelle oppure gonne matelassé indossate sotto cappotti-piumini che si sbottonano sugli omeri per dare aria alle braccia. Tanti punti alla fine di una delle passerelle più attese di Parigi