C’era una volta l’articolo 18
L’articolo 18 che, nella storia parlamentare della sua definizione e attuazione ha conosciuto varie e sia pure talvolta lecite modifiche, è come non mai discusso da tutti su tutti i fronti. Innazitutto, di che cosa si parla? La questione fondante è lo statuto dei lavoratori e la tutela dei loro diritti. Che cosa sta cambiando o si è deciso di cambiare? Viene di fatto abbattuto il totem che garantisce il diritto al reintegro nel posto di lavoro a chi viene licenziato senza giusta causa o con giustificato motivo nelle aziende con più di 15 dipendenti, e dunque il potere codecisionale dei sindacati. Per alcuni studiosi l’articolo 18 ha rappresentato per anni una forte causa di debolezza o meglio di disparità economica delle aziende così che mancasse concretamente un sostegno economico sul quale fare affidamento. Oggi tutto questo, stando a quanto decretato dal metodo sancito da Monti e dalla Fornero in primis, dovrebbe cessare. Qualora si fosse stati colpiti da licenziamento per ragioni discriminatorie fossero esse di natura sessuale, razziale, legate al proprio credo politico o religioso, e via di seguito, il lavoratore è reintegrato con un risarcimento del danno subìto in conformità con l’ultima retribuzione globale. Questo è quanto sapevamo. La novità è che senza una motivazione di natura oggettiva constatata dal giudice chiamato in causa, il lavoratore non ha più diritti sul posto di lavoro. Non può più essere reintegrato. Cosa gli spetterebbe? Un’indennità tra le 15 e le 27 mensilità . Andiamo con calma. Se un lavoratore non soddisfacesse in termini materiali l’aspettativa economica di un determinato datore di lavoro, il suo posto rischierebbe di non essere più il suo, in quanto non compie più il suo dovere. A coloro i quali hanno affermato che in tal guisa il lavoratore rischia semplicemente di essere confuso con un prodotto di mercato, è stato risposto che il lavoratore, in quanto tale, rientra a far parte di un contesto produttivo che in quanto tale deve produrre. Ritornando indietro, ovvero alla indennità, è pur vero che in virtù di un licenziamento ufficiale si ha il diritto o meglio la possibilità di riconciliarsi con il datore di lavoro e dunque di essere ricollocati; se questo non si verificasse, allora via alla indennità e stop al posto di lavoro. Per quanto Berlusconi fosse intervenuto con una riduzione a tre per le motivazioni e la sopravvivenza dell’articolo 18 e la sinistra abbia battagliato, chissà che non abbiano mai pensato ad un risvolto del genere.
Francesca Morgante