Condominio: A confronto i diversi regolamenti
Il regolamento condominiale può vietare il cambio d’uso di un appartamento? “Soltanto un regolamento di tipo “contrattuale” o accettato in forma scritta dall’unanimità dei condomini può vietare il cambio di destinazione d’uso di un appartamento – dichiara Sarah Pacetti, vice presidente della sede Anaci di Roma –. Tale divieto deve essere indicato in modo chiaro ed esplicito”. Procediamo per ordine.
Così il codice civile
In base all’articolo 1138, comma 1, del codice civile, “quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione”. Occorre precisare che il codice civile, disciplinando la materia del regolamento condominiale, si riferisce esclusivamente a quello avente origine assembleare, approvato con le maggioranze previste dall’articolo 1136, secondo comma. “Accanto a questo tipo di regolamento, definito anche “ad origine interna” – afferma Sarah Pacetti – la giurisprudenza ha riconosciuto piena efficacia giuridica a quello “ad origine esterna”, cioè predisposto dall’originario unico proprietario, che si caratterizza come un vero e proprio contratto.
Ha forza di “legge”
Il Regolamento condominiale, di qualunque origine esso sia, può essere definito “la legge interna che organizza ed articola la vita” di tutti i diversi soggetti giuridici che anche a diverso titolo, proprietari, affittuari, amministratore, operano nell’ambito dell’edificio condominiale. Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente”. Il regolamento deve essere approvato dall’assemblea con la maggioranza stabilita dal secondo comma dell’articolo 1136 e trascritto nel registro indicato dall’ultimo comma dell’articolo 1129. Può essere impugnato a norma dell’articolo 1107. Le norme del regolamento non possono in alcun modo menomare i diritti di ciascun condomino, quali risultano dagli atti di acquisto e dalle convenzioni, e in nessun caso possono derogare alle disposizioni degli articoli 1118 secondo comma, 1119, 1120, 1129, 1131, 1132, 1136 e 1137.
Due facce del regolamento
Sia la Dottrina che la Giurisprudenza erano solite distinguere i regolamenti condominiali in due diverse figure giuridiche: contrattuale ed assembleare. “Per contrattuale – ci spiega Sarah Pacetti – si doveva intendere il regolamento condominiale predisposto dall’originario costruttore e venditore, unico proprietario, dell’immobile preliminarmente o coevamente allegato ai singoli atti di acquisto, od in essi espressamente richiamato. Le norme di questo tipo di regolamento potevano determinare il sorgere o di oneri reali qualora imponessero obblighi ai condomini in relazione alle cose comuni ovvero di diritti reciproci di servitù allorquando limitassero le reciproche facoltà di godimento. Diversamente, per assembleare andava inteso il regolamento proposto ed approvato dai condomini con la maggioranza prevista dall’art. 1136, secondo comma, ed avente l’esclusiva potestà di regolamentare la vita condominiale, ma difettando della possibilità di poter porre limiti di diritti reali, propri unicamente di quello contrattuale”.
Quorum assembleare
Detto questo, “debbono qualificarsi norme di natura “Contrattuale” tutte quelle clausole del Regolamento che con espressi divieti limitino i diritti dei condomini sulle proprietà esclusive o comuni e quelle che attribuiscano ad alcuni di loro maggiori diritti rispetto ad altri: precisamente, quelle relative alla ripartizione delle spese condominiali, quelle limitative dei diritti di proprietà esclusiva e quelle limitative dei diritti di proprietà comune”, conclude Sarah Pacetti. Nel caso in cui venga posto in approvazione assembleare un regolamento al cui interno coesistano sia norme regolamentatrici che contrattuali, ai fini della loro valida approvazione queste andranno distinte: per le prime sarà sufficiente il quorum assembleare previsto dall’articolo 1136, secondo comma, mentre per le norme contrattuali sarà necessaria esclusivamente l’unanimità dei partecipanti al condominio (pena la mancata approvazione).
Tribunale di Milano
I divieti di utilizzo della proprietà contenuti in un regolamento condominiale contrattuale, proprio perchè si riferiscono al più pieno dei diritti reali, hanno carattere tassativo e non sono applicabili per analogia né appaiono suscettibili di interpretazione estensiva. Nella fattispecie il Regolamento condominiale non contempla espressamente il divieto di destinazione ad attività di ristorazione in quanto tale, potendosi semmai rinvenire un divieto di destinare i locali a determinate attività in quanto queste arrechino disturbo o pregiudizio.
Clausole contrattuali
Le clausole contrattuali potranno essere modificate solo con il consenso scritto di tutti i partecipanti al condominio, quelle regolamentari potranno esserlo dall’assemblea con la maggioranza di cui all’articolo 1136, la maggioranza degli intervenuti e almeno la metà del valore dell’edificio. Questo anche se inserite in un regolamento ad origine esterna o contrattuale, in quanto è importante ricordarsi che la natura di una norma dipende esclusivamente dal suo contenuto, non dalla sua collocazione.
Più di dieci condomini
Articolo 1138 c.c.: “Quando in un edificio il numero dei condomini è superiore a dieci, deve essere formato un regolamento, il quale contenga le norme circa l’uso delle cose comuni e la ripartizione delle spese, secondo i diritti e gli obblighi spettanti a ciascun condomino, nonché le norme per la tutela del decoro dell’edificio e quelle relative all’amministrazione. Ciascun condomino può prendere l’iniziativa per la formazione del regolamento di condominio o per la revisione di quello esistente”.
Di redazione