Cult del Cinema: Sciuscià di Vittorio De Sica Italia,1946
Considerato un capolavoro del cinema mondiale -ottiene, infatti, l’Oscar come migliore film straniero- e una pietra miliare del neorealismo cinematografico italiano, Sciuscià apre la fila all’esplorazione di quelle tematiche neorealiste presenti in altri film di De Sica, che lavora in coppia con lo sceneggiatore Cesare Zavattini, tra cui Ladri di biciclette (1948), Miracolo a Milano (1951), Umberto D. (1952), tematiche rilevate già a partire da I bambini ci guardano (1943). Il Neorealismo trattava per lo più delle vicende della povera gente, ponendo l’attenzione sulla loro quotidianità in modo da metterne in luce le condizioni di vita e i bisogni ed utilizzando il cinema come strumento di impegno concreto degli intellettuali e degli artisti nei confronti della realtà socio-politica. Il significato del titolo Sciuscià, un’espressione dialettale napoletana che deriva dall’inglese “shoe-shine” e indica i lustrascarpe del dopoguerra, rimanda immediatamente al contesto storico, quello del secondo dopoguerra in un’ Italia disastrata dagli avvenimenti bellici e occupata dagli americani. A fare i conti con questa situazione complicata sono dei bambini, la cui infanzia è messa in discussione e sarà totalmente annientata dal mondo circostante.
Il film narra la tragica storia di due giovanissimi sciuscià (lustrascarpe), Pasquale e Giuseppe, che lavorano sui marciapiedi di via Veneto a Roma e, appena possono, vanno ad affittare un cavallo bianco di nome Bersagliere cavalcandolo in due e sognando di poterlo comprare, un giorno. Per aggiungere la somma finale ai soldi accumulati per realizzare il loro sogno, i due si trovano invischiati in una torbida faccenda, di cui non riescono a capire le dinamiche, con la complicità del fratello più grande di Giuseppe. I due ragazzi comprano il cavallo, ma, subito dopo, vengono arrestati e portati in un carcere minorile. Inizialmente i due si trovano nella stessa cella, ma ben presto vengono separati e Giuseppe viene a contatto con dei ragazzi ben più esperti di criminalità. Il commissario e il direttore del carcere fanno credere a Pasquale che Giuseppe verrà frustato se non rivela i nomi dei loro complici, allora Pasquale fa il nome del fratello di Giuseppe. Giuseppe, equivocando i motivi del gesto, si vendica di Pasquale e i due si allontanano inevitabilmente. Durante una proiezione cinematografica, Giuseppe e i suoi compagni di cella fuggono dal carcere. Pasquale rivela a Staffera, l’assistente del direttore, dove sono gli evasi e lo accompagna alla stalla di Bersagliere. Su un ponticello vicino alla stalla avviene l’incontro tra i due ragazzi, che culmina con Giuseppe che inciampa e muore. Pasquale non può far altro che rinsavire dalla sua sete di vendetta e disperarsi della morte dell’amico, mentre il cavallo bianco si allontana.
A cura di Mariaconcetta Pentangelo