Cultura: Incanto Napoletano
Quando la creatività incontra il sapere nasce Cultura, e tra i fautori di questo “meeting” c’è sicuramente Pasquale della Monaco. L’eclettico artista, che nella sua lunga carriera, costellata di premi prestigiosi e ambiti riconoscimenti, oltre alle illustri e innumerevoli collaborazioni, ha più volte dato spazio alla parte più vera e naturalmente alta della produzione popolare, torna ad omaggiare la sua città, la sua amatissima “sirena”, e lo fa con “Incanto napoletano”, un mediometraggio di nove episodi che racconta in modo poetico e visionario una napoletanità che non è oleografia, ma attualità, cronaca, vita vissuta tutti i giorni, di quella che non fa rumore, non fa notizia (infoline 0817646241 – 3477821411 – vulcanometropolitanno@yahoo.it). Seduti nel buio dell’elegante sala del Teatro Sancarluccio, che ha ospitato una proiezione eccezionale di questa coproduzione Centro incontri delle arti e Regione Campania Film commission, circondati dal silenzio religioso degli altri spettatori, si assiste a quella che, per i più sprovveduti, potrebbe apparire come un’esigenza, il bisogno culturale e intellettuale di un operatore del settore che intende denunciare la mancanza di un’interpretazione altra nel fitto ventaglio delle letture che si danno di Napoli come metonimia dell’Italia tutta, ma così non è; quanto realizzato da Pasquale della Monaco è un’opera d’Arte, come le sue sculture, i suoi quadri, le sue marionette, i Premi Utopia Lamont Young e Vulcano Metropolitano, si tratta di un atto d’amore verso qualcosa che c’è, esiste, ma dorme, l’anima di Napoli: «“Incanto napoletano” è la gioia di vivere a Napoli insieme con l’antico, il moderno e il futuro». Nove episodi per una gouache dai “colori” non solo posillipini, con tutte le sfumature della città all’ombra del Vesuvio: il tufo dell’area flegrea, i fumi della zona industriale, il mare e le spiagge scure, la maestosità di luoghi che hanno ospitato la responsabilità del comando e ora sono ridotti a sconsolati depositi. La storia, il passato, non come fardello, come vetusta memoria impolverata, ma ricchezza, patrimonio, consapevolezza; si parte, infatti, con Echi e presenze, le maschere del teatro antico e la profezia Virgiliana; a seguire il Neorealismo, gli anni ’50, un omaggio a Dino de Laurentiis, Vittorio De Sica, Cesare Zavattini e all’indimenticabile Silvana Mangano; la denuncia di una città divisa in tante anime, in cui si ritrova per la prima volta il popolo riunito nell’antica festa della ‘Nzegna; una riflessione sulla storia di Napoli e un focus sulla rivoluzione del 1799; l’incontro tra due studenti in visita al Museo Nazionale; “vivere e conoscenza”, attraversare la città tra sottosuolo e superficie; “Com’ero buffo quando ero burattino”, dedicato ai giovani, per la vita che hanno dentro affinché volino sempre in alto nonostante la miseria intorno; e, a chiudere, “Festa farina e forca”, quadro finale con straordinario incipit di Antonio Ghirelli che illustra la figura di Pulcinella, passando per Eduardo Scarpetta, Carmelo Bene, fino al Maestro Roberto de Simone, con il suo concerto “El Diego”. Un crescendo, un entusiasmante climax capace di suscitare nello spettatore un moto di coscienza e grazia, di stupore e convincimento, un’occasione per riflettere e ripartire, resa armonica grazie alla competenza di chi ha affiancato Pasquale della Monaco, gli attori Eduardo Esposito, Daniela Nastri, Ciro Troise, Paola Testa ed Egidio Carbone. Grazie al talento e alla straordinaria preparazione che contraddistingue questi giovani artisti, altri giovani hanno così intrapreso un percorso di “Learning on job” durato 2 anni e chiamato “prove di set”, che ha consentito loro di metabolizzare ed esprimere senza fatica quel “neorealismo” a cui della Monaco è particolarmente legato. Nelle note di regia, infatti, si legge che “il napoletano deve riscattare la sua dignità di popolo dalla filmografia del ‘900 che divide Napoli in due anime, mescolate e sovrapposte. L’anima che preferiamo è la poesia del Neorealismo, cioè l’oro di Napoli di De Sica, Zavattini e Dino De Laurentiis. L’altra anima ha un percorso sedativo, inizia in teatro con episodi di miseria e rassegnazione, senza spiraglio di certezza. Continua con una serie di film vergognosi per la città e i napoletani. Hanno turbato non solo la crescita dei ragazzi, ma il giudizio positivo degli italiani e degli stranieri. Il napoletano è presentato come un furbastro imbroglione, oltre la legalità, ignorante e senza intelligenza. Perennemente emarginato abitante di uno zoo che si chiama Napoli squallido e abbandonato a se stesso. La città di Napoli e la Campania parlano attraverso il passato. La gente parla, i monumenti parlano, la storia parla, l’energia positiva esiste. L’ignoranza infanga perché non ha mai ascoltato, visto e vissuto”. Tappeto musicale di queste immagini pittoresche e visionarie, rese ancora più eteree dalle coreografie a cura del mimo-danza Daniela Mancini, un mix variegato e carico di tensione, dai classici della canzone napoletana alle opere di Strauss, Wagner, Puolenc, Offenbach, eseguiti dai maestri, Stefano Russo (chitarra), Francesco Aliberti (piano), orchestra Mastro Masiello Mandolino, dal coro del Teatro di San Carlo, dal soprano Anna Crovino, dal mezzosoprano Angela Prota e dal tenore Francesco Pittari.
Rosaria Morra