Diva – Omaggio a Sophia Loren
Fino al 19 novembre Pozzuoli omaggia la sua cittadina più famosa al mondo, Sophia Loren, con la collettiva “Diva”, a cura di Sara Tonello, allestita presso la prestigiosa sede di Palazzo Toledo, nell’ambito della kermesse “Art Explosion: l’arte si racconta nei Campi flegrei”. La direttrice artistica di Apolafsis srl (società che ha sede nella casa dove la Loren ha vissuto la sua giovinezza a Pozzuoli, ndr), che ha pensato ad un percorso completamente fruibile da parte di ogni spettatore, è anche protagonista della mostra, con alcuni lavori che ritraggono la sfolgorante bellezza e l’intensità espressiva della splendida puteolana, poggiati su tela con delicati tocchi di ombre immerse nella luce: «sono estremamente soddisfatta di questa esposizione, perché rappresenta una vetrina di spessore per tutti gli artisti coinvolti, ma soprattutto perché Sophia Loren non è solo un’icona di bellezza, ma anche il felice esempio di una donna forte, il cui talento indiscusso è stato applaudito da milioni di persone nel mondo». E così, tra pannelli di juta e impercettibili intelaiature in legno bianco, si snoda la preghiera laica al talento e all’indiscusso fascino di questa donna che più di ogni altra è stata diva; ad inaugurare la collettiva sono i ritratti di Sabina Albiati, che in piccole tele di vario formato, dai 35×50 ai 70×100, immortala in un raffinato bianco e nero lo sguardo magnetico e distante dell’attrice da guinness; c’è poi il caravaggesco Massimiliano Mirabella che ne “La ciociara” mette in posa lo strazio di una violenza che da fisica si fa morale, fino a lacerare l’anima, attraverso una pittura su tela che ricorda i languori onirici di un negativo sfuocato. Prepotente e disarmante è poi “Sofia”, il prezioso 113×113 che Marco Abbamondi propone nel suo esemplare originale che, dopo aver girato i più importanti muse del mondo, arriva a Palazzo Toledo in tutto il suo fulgido splendore, fatto di oro, nero e bianco, esaltati da una materialità speciale ottenuta attraverso la commistione di paste cementizie, collanti, sughero e acrilici, e poggiata su un possente supporto in legno. “Vulcanico fondo schiena”, invece, è la creazione di Enzo Aulitto, è un’ode all’“oggetto del desiderio” per antonomasia dell’immaginario erotico maschile, ma anche l’esaltazione di una femminilità morbida, materna, voluttuosa, seducente che i toni della terra e i materiali che la compongono rendono ancora più vibrante, vera, presente. Discorso a parte va fatto per “Lady Oscar Trilogy”, l’assoluta genialità di Pasquale Varvicchio è tutta nella serialità di un’icona evidentemente pop che si stende strizzando l’occhio al tricolore, ai numerosi premi vinti che fanno della Loren l’attrice più premiata al mondo, e all’eroina di un cartone animato che ha segnato un’epoca, quella Lady Oscar che tante bambine hanno avuto come modello, e che un po’ rappresenta, data la figura androgina e i colori chiari, l’alter ego della mediterranea “diva” dei Campi Flegrei; tre prorompenti 100×150 realizzati con acrilici su collage di lamine dorate fanno da sfondo alla parete est di palazzo Toledo. “Atena Lamnia e Sofia” è invece il lavoro di Antonio Isabettini che mette a confronto la bellezza classica del mezzobusto scultoreo ritrovato nel sottosuolo del Rione Terra e la mediterraneità appena accennata da sapienti line armoniche della celebre attrice, con un sottofondo cromatico che ricorda i marmi rossi, mentre lo skyline di Pozzuoli fa da cornice nella parte inferiore della tela 100×70. A chiudere la prima sala dell’esposizione è il trittico di Ena Villani: “Sophia esotica”, “La grande Sophia” e “Sintesi di Sophia”, sono, infatti, ritratti estemporanei cui la grande autrice, che ha già firmato ritratti di innumerevoli celebrità, infonde anima. Il colore è metafora del sentimento espresso, così come lo sguardo che da diretto diventa perso, smarrito verso un orizzonte fatto di successo e impegno. Nella seconda sala trovano spazio le sculture di Emma Crimi, “Il cuore in testa”, che in un frammento di bassorilievo nasconde tutto il femminino; Paolo La Motta, “Guardo”, dove l’atarassia del divismo della Loren si esprime attraverso la compiuta normalità di una donna comune; e i fratelli Scuotto, “Pulcicorno”, dove le forme morbide vestono il bronzo che si fa volume e vuoto. Ad affiancare queste creazioni sono state le pregiate pittografie musicali di Luigi Esposito, dai cui collage su carta, “Rock star” e “Kyklon: exemplum virtutis”, il Maestro Piero Viti, tra gli unici cinque al mondo capaci di farlo, ha tratto delle suggestive performance che hanno aperto l’evento espositivo. Nella terza sala al primo piano di Palazzo Toledo, la pittura di Italo Turri, detto Monzon, presente con “Sofia Loren”, che imprigiona in un tratto fintamente acerbo e molto espressionista la profondità di una figura forte e carismatica, si affianca alle tele di Antonio Montanaro, protagonista con “Omaggio a Sofia Loren”, un acrilico su tela che ferma tutta la sensualità della bocca con gli occhi socchiusi attraverso reticolati cromatici apparentemente stesi in modo confuso, e di Piero Maffesoli, che nei suoi collage fa stendere sulla Loren la procacità di una bellissima Monica Bellucci, o l’inconfondibile panorama della Laguna, o ancora lascia che un aereo in lontananza le sfiori la chioma cotonata. Ad accompagnare la pittura c’è anche la fotografia, si tratta dei lavori di Carlo Arace, “Elogio all’ossessione della bellezza”, una provocatoria seduta estetica che non piacerebbe a molte signore; Romina Romano, che nella sua “Vacanze napoletane” ripropone uno scatto vintage che ricorda una femminilità persa e un sapore per la vita diluito all’inverosimile. E Pepe Russo, il popolare fotografo sceglie di omaggiare Sophia in modo singolare, con delle “Alici”: pesce azzurro e perciò cangiante alla luce, come i riflessi dei flash che da sempre hanno rischiarato la Loren, ma allo stesso tempo verace e popolare, come solo “donna Sophia” può essere. Ad impreziosire la collettiva, le performances, alla musica di Viti, infatti, si sono aggiunte, l’instant work di Mirabella, su un quadro vivente messo in scena da Giada Astone, Daniele Patierno e Fulvio Masullo, e uno streap tease appena accennato sulla musica di “Abat-jour”, ricordo di un’indimenticabile “Ieri, oggi e domani”; modella d’eccezione, Nunzia, immortalata dai clic furiosi della Romano e di Enzo Buono, autore anche degli scatti informali della Loren che accolgono il pubblico all’ingresso della mostra. Un’iniziativa che coniuga esteriorità e interiorità rendendo ogni lavoro metafora non solo dell’arte, ma del modo in cui essa racconta chi, consapevolmente oppure no, diventa un modello, e offrendo al pubblico una chiave di lettura per interpretare questa evoluzione.
Rosaria Morra