EMERGENZA INDONESIA, SALE IL BILANCIO DEI MORTI
Continua a salire vertiginosamente il tragico bilancio dei morti causati dallo tsunami che nei giorni scorsi ha colpito le isole Mentawai, al largo di Sumatra, in Indonesia.
Ad oggi sono 408 i cadaveri recuperati. Lo hanno riferito le autorità indonesiane responsabili dei soccorsi, precisando che sono invece 303 le persone considerate disperse.
Sono molto confusionarie e vaghe le notizie che arrivano dal luogo del disastro, anche per le condizioni difficili di comunicazione dovute all’isolamento dell’arcipelago. “È Probabile che i due terzi dei dispersi siano stati portati via dal mare”, è ciò che ha riferito un responsabile locale.
Intanto, ieri, il presidente indonesiano Susilo Bambang Yudhoyono ha annullato la sua partecipazione al summit delle Nazioni asiatico e si è recato sul posto per portare conforto ai sopravvissuti e sovrintendere all’arrivo dei container carichi di alimentari, acqua e medicine. Sono inoltre circa 13.000 le persone che hanno trovato rifugio in campi di accoglienza dopo avere perso le loro abitazioni.
Da una catastrofe si passa all’altra. Sempre in Indonesia, infatti, sull’isola di Giava, il vulcano Merapi (“montagna di fuoco”), che ha provocato il terremoto a cui è seguito lo tsunami, e la cui eruzione di martedì scorso ha ucciso 32 persone, ha di nuovo eruttato ceneri e, per la prima volta questa settimana, anche lava.
Per rispondere a questo doppio disastro naturale che ha colpito l’Indonesia, l’Unicef sta lavorando in stretta collaborazione con il governo del posto per inviare aiuti d’emergenza ai bambini e taniche per l’acqua e kit sanitari per aiutare le oltre 4.500 famiglie sfollate dalle proprie abitazioni. Sono in arrivo anche 6000 zanzariere dato che nella zona di Merapi la malaria è endemica.
L’Unicef, inoltre, sta lavorando anche col Ministero della Salute indonesiano per garantire che le madri che allattano possano continuare a farlo e per inviare alimenti per lattanti e complementari per evitare rischi per la salute dei bambini.
Proprio grazie all’Unicef e ad altre associazioni, dopo lo tsunami del 2004, l’Indonesia è capace di fronteggiare autonomamente le grandi ed improvvise crisi umanitarie come questa.
Complessivamente, sono oltre un milione le persone ancora minacciate da un’eventuale esplosione di lava, ceneri ardenti e lapilli. “Oggi è un po’ più calmo – ha detto Surono, responsabile del Centro di vulcanologia – nessuna nuvola di cenere, nessun rombo. Ma c’è molta energia racchiusa lì. Non si può dire cosa accadrà”. Gli indonesiani hanno imparato da tempo a convivere con questo rischio perché il Paese è la prima zona vulcanica al mondo, con circa 130 vulcani attivi.
Atteso in novembre a Giakarta, anche il presidente americano Barack Obama ha confermato l’aiuto degli Stati Uniti e si è detto “profondamente rattristato” per la perdita di vite umane.
Benedetto XVI, invece, al termine dell’udienza generale in Piazza San Pietro, ha rivolto un appello alla comunità internazionale affinché faccia il possibile per il “necessario aiuto teso ad alleviare le popolazioni che soffrono di queste devastazioni”.
A cura di Mario Sabljakovic