Ferdinando …il potere del desiderio
Da non perdere questo “Ferdinando“ capolavoro di Annibale Ruccello che il 27 e 28 novembre sarà in scena a Napoli, al Teatro Immacolata, in via Nuvolo, con l’allestimento della compagnia “Il Barattolo” che oltre dieci anni fa, sempre con la regìa di Luigi Migliaccio, decretò entusiastici consensi. Anch’io ero tra il pubblico e pur avendo in mente il “Ferdinando” più famoso, quello interpretato da Isa Danieli e la sua compagnia, fui egualmente coinvolta, mai potendo immaginare che stesse emozioni e simili turbamenti potesse infonderli una compagnia di attori meno famosi, capaci di trasmettere pari sentimenti, identiche sensazioni ed ora, come allora, so che sarò nuovamente “rapita” dalla magica alchimia che intreccia armonicamente gesti, linguaggio, movimenti, trama, personaggi, il tutto esaltato dalla bravura degli interpreti : Fridia Colonna (Donna Clotilde),Ornella Girimonte (Donna Gesualda), Nando Pepe (Don Catellino), Adriano Schisano (Ferdinando).
L’azione si svolge nel 1870,nell’immediata unificazione d’Italia. Donna Clotilde Lucanigro, ipocondriaca baronessa, nostalgica discendente borbonica, asserragliata nella sua “turris eburnea”, rifiuta la nuova epoca che si va creando, un periodo, secondo il suo pensiero, senza storia e senza valori. Ma rifiuta e disprezza anche la lingua italiana perché pertinenza dei Piemontesi, popolo di usurpatori, rifugiandosi così non solo nel dialetto napoletano ,considerato unico modo per esprimersi, ma nella “prigionia” della sua villa alle pendìci del Vesuvio, assistita dalla inacidita e sprezzante cugina zitella Gesualda, dama di compagnia-infermiera-carceriera. Unica visita quotidiana al capezzale della baronessa,finta inferma, è quella di Don Catellino, curato di campagna ambiguo, immorale, corrotto, meschino,vizioso. A sconvolgere quest’apparente quiete giunge Ferdinando, un lontano quanto misterioso, efebico nipote della baronessa, che,seducendo gli altri tre con la sua avvenenza, col suo fare suadente, riuscirà a spezzare quei finti equilibri, facendo affiorare scomode verità, contraddizioni, desideri, antichi rancori e conflitti, innescando un morboso tourbillon di odi, ricatti e vendette, che alla fine massacrerà prede ed aguzzini. E così Don Catellino mostrerà apertamente,senza ritegno e senza vergogna, la sua ambiguità, divenendo infine quasi vittima sacrificale, reo di misfatti personali ed anche di colpe non sue; Donna Clotilde rinata e guarita dai suoi malanni immaginari, si scoprirà gelosa ed innamorata mentre Gesualda l’imperturbabile,apatica, appassita “badante” mostrerà la sua anima passionale, diabolica, vendicativa. In questa totale assenza di valori morali in cui i sentimenti sono alla deriva, Ferdinando si rivelerà un diavolo travestito da angelo, un impostore, che nel finale, pur avendo devastato la vita di tutti i personaggi,viene ringraziato da Donna Clotilde, perché ha saputo regalarle un soffio di freschezza, di gioventù, di palpiti, un po’ di ingannevole affetto prima che, nuovamente ed irrimediabilmente, sprofondi nell’immutabile, triste, grigio appassire in cui si era consapevolmente rinchiusa. Assistendo alle ultime prove della compagnia “Il Barattolo”mi sono commossa, lasciandomi trasportare in questa storia di sopraffazioni, abbandoni, perfidie di quattro anime perdute e dannate. Questa atmosfera frammista di sensualità,passione, ironia, aggressività,ipocrisia, ambiguità, ci emoziona, ci coinvolge e fa riflettere. Scava nell’intimo lasciando traccia nel cuore e nella mente dello spettatore che, partecipe, viene trascinato nei luoghi, immerso nel tempo, nel vissuto dei personaggi e che dopo, per molto, molto tempo ancora s’interrogherà, turbato da quell’atmosfera di passioni sopite, di sensualità, di ipocrisia, di solitudine.
La compagnia “Il Barattolo” (soprannominata “compagnia delle emozioni” perché riesce a toccare le corde del sentimento degli spettatori ed a suscitarne le coscienze) viene diretta dal 2001 da Luigi Migliaccio, animata dalla inguaribile e contagiosa passione per il teatro ed in questi anni ha percorso un itinerario di crescita artistica, attraverso il confronto con autori e generi teatrali diversi. Pur ritenendo che il teatro classico napoletano del ‘900, che ha tra i suoi massimi rappresentanti Scarpetta, Viviani ed E. De Filippo, costituisca un patrimonio culturale ancora di grande rilevanza, la compagnia ha indirizzato il proprio interesse anche verso autori non napoletani, privilegiando quei testi che esaltano i grandi temi sociali ed etici dei nostri tempi.
A cura di Rossella Argo