FU STUPRATA DA UN BRANCO DI 8 RAGAZZI: IL PROCESSO PARTE DOPO CINQUE ANNI

A cinque anni esatti dallo stupro di gruppo subito nella pineta di Montalto di Castro, in provincia di Viterbo, l’allora studentessa, oggi ventenne, è riuscita a vedere gli otto componenti del branco sul banco degli imputati. È infatti iniziato, dopo una lunga serie di rinvii, il processo a loro carico davanti al tribunale dei minori di Roma.
FOTO DONNA E SOCIETAI giudici, dopo aver ascoltato alcuni testimoni indicati dall’avvocato della famiglia della ragazza, tra i quali la madre, il fratello e la sorella gemella, hanno raccolto le testimonianze delle due assistenti sociali che assistettero la quindicenne dopo che, con l’aiuto di una compagna di scuola e di alcune insegnati, trovò il coraggio di denunciare la violenza che le era stata inferta al termine di una festa di compleanno, la notte tra il 31 marzo e il primo aprile 2007.
Poi è stata la volta del preside della scuola che frequentava e degli agenti della Squadra Mobile di Viterbo che eseguirono le indagini e arrestarono gli otto giovani, all’epoca tutti minorenni. Infine, il collegio ha fissato altre tre udienze: l’11 e 30 maggio e 18 giugno, durante le quali saranno ascoltati altri testimoni.
I giudici, secondo quanto si è appreso, sarebbero intenzionati a recuperare almeno in parte il tempo perduto ora per l’assenza di qualche difensore degli imputati, ora per vizio di notifica degli atti. Mentre in aula, a porte chiuse, iniziava il dibattimento, sulla strada, una cinquantina di militanti dell’Udi (Unione donne italiane) ha tenuto un presidio per esprimere solidarietà alla vittima del branco.
Due di loro hanno esposto un grande striscione nero con la scritta in bianco: ‘Non c’è pace senza giustizià. «Siamo qui – hanno detto – per fare coraggio alla ragazza e la sua famiglia. Simbolicamente siamo al fianco di tutte le donne Italiane vittime del femminicidio». Poco prima che il dibattimento fosse aggiornato, sono state allontanate dalla polizia perchè la loro manifestazione non era autorizzata.
Ad allungare i tempi del giudizio ha contribuito anche la cosiddetta ‘messa in provà concessa agli otto giovani dopo che avevano ammesso le loro colpe e espresso il proposito di chiedere perdono alla ragazza. Si tratta di beneficio che prevede un programma di osservazione, sostegno e controllo che, se avesse avuto esito positivo, avrebbe portato all’estinzione del reato. Ma fu revocato perchè la solidarietà espressa pubblicamente nei loro confronti fece ritenere ai giudici che nel paese non ci fossero le condizioni ambientali necessarie al loro ravvedimento.
La vicenda è anche entrata a far parte di una piece teatrale. È infatti uno degli episodi di ‘Bambole – Storie silenziose di donne’, interpretato dall’attrice argentina Candelaria Romero e da suo marito Paolo, in cui vengono ricostruire alcuni dei più efferati episodi di violenza sulle donne. Lo spettacolo, destinato a fare il giro del mondo, oltre ai fatti di cronaca in sè, stigmatizza il comportamento del sindaco di Montalto di Castro Salvatore Carai, che anticipò agli stupratori i soldi per le spese legali.
Le polemiche che seguirono approdarono anche in Parlamento. Tanto che l’allora segretario dei Pd Piero Fassino, partito in cui militava Carai, impose la sua esclusione dalle liste per il congresso di fondazione. Dopo il rinvio a giudizio dei componenti del branco, alcune loro famiglie misero in vendita tutto il loro patrimonio. Ma furono scoperte dai difensori della ragazza che ottennero il sequestro cautelativo.

Paolo Cuomo