GNAM: una mostra interattiva per imparare a nutrirsi divertendosi
Alla moda, innovativa e per molti anche salutare: ecco gli aggettivi che oggi si addicono meglio alla cucina giapponese, per molti ormai un vero cult del piacere gastronomico. Di primo acchito i suoi sapori potrebbero non entusiasmare una persona abituata, per esempio, alla cucina mediterranea, ma, una volta abituatosi ai nuovi gusti, il cibo made in Japan non può che entusiasmare anche i più diffidenti, sempre a patto però di avere una mente aperta a nuovi gusti ed a nuovi sapori. Via allora ad una serie infinita di pietanze, la maggior parte a base di pesce rigorosamente freschissimo e riso, disposte in tavola con armonia di colori e di forme: il fascino della cucina nipponica, infatti, non risiede solo nei gusti delle pietanze, ma anche nella preparazione delle stesse, nella disposizione del cibo sul piatto.
Cucina giapponese è anche armonia di colori sapientemente accostati per esaltare il gusto e per appagare l’occhio del commensale. In tavola non si usa mangiare una pietanza per volta, come siamo abituati noi, ma si portano tutte le pietanze ed ogni commensale preleva da un piatto o dall’altro costruendosi così il suo proprio percorso gustativo. Passiamo allora in rassegna le principali pietanze della cucina giapponese, in modo da garantire la conoscenza dei loro ingredienti a chiunque voglia avvicinarsi a questo affascinante mondo. Il cibo più famoso è ovviamente il sushi. Sono piccoli pezzetti di pesce crudo (e non solo) con blocchi di riso (cotto con aceto di riso, zucchero e sale), da inzuppare nella salsa di soia, nella quale è stata stemperata una piccolissima dose di wasabi. Quest’ultima è quella salsina verde che accompagna molti piatti giapponesi. Il suo sapore molto intenso è però delizioso nel momento in cui si diluisce nella soia.
Esistono numerosi tipi di sushi che vengono serviti nei nostri ristoranti nipponici: i più diffusi e che più attraggono gli occidentali sono i vari futomaki, hosomaki, uramaki, ovvero il sushi di forma cilindrica con una fascetta di alga scura – il nori – intorno al riso o all’interno come nel caso dell’uramaki. Uno molto amato dagli italiani è il california roll che si presenta colorato, per via del mix di ingredienti all’interno, sempre a base di pesce. Infine ci sono i semplici nigirizushi, ovvero i blocchetti squadrati di riso sushi con una puntina di wasabi e il pesce crudo appoggiato sopra. Poi esiste il sashimi, banalmente chiamato pesce crudo. Senza nient’altro. Ma la vera arte è la filettatura, ovvero il modo in cui viene tagliato. Per mangiare un buon sashimi conta tantissimo se il pesce è fresco e di qualità, oltre all’abilità del maestro sushi che sfiletta il pesce crudo. In un piatto di sushi o sashimi, oltre al wasabi, ci sarà sempre anche qualche pezzetto di ginger: all’apparenza sembra prosciutto cotto, ma ha un sapore acre e pungente. Il suo scopo è “ripulire” la bocca dai sapori, fra un piatto e l’altro. Nonostante molti occidentali pensino il contrario, nella cucina giapponese non esiste soltanto il sushi o il sashimi. In Giappone l’alimentazione, seppur semplice e diversa dalla nostra, offre molte varietà regionali e locali, con piatti e portate che non sono soltanto a base di pesce crudo e riso. Purtroppo molte non sono conosciute in Italia e può essere difficile trovarle nei menù. Ma se capita l’occasione, si consiglia di assaggiarle, soprattutto per coloro che amano provare gusti nuovi. La Tempura: una leggera frittura di verdure e/o gamberi. Croccante e delicata. Gli Yakitori: spiedini di pollo alla piastra, serviti con una salsa dolciastra. Le zuppe: che si tratti di una miso shoru, ovvero una zuppa di miso con tofu, alghe e porro abbastanza salata o di una zuppa contente soba, ovvero le sottili tagliatelle di grano saraceno o udon, spaghetti di grano molto grossi. Le zuppe vengono mangiate rumorosamente e bollenti. A volte ci si aiuta con il cucchiaio, spesso si usano le bacchette per prendere i pezzi o gli spaghetti e si beve dalla ciotola – come fosse una tazza – il brodo caldo. Gli Onigiri sono quei triangolini di riso fermati da un alga. Contengono un ripieno che può essere vegetale, di tonno, di salmone o con un umeboshi (prugna sottaceto). Sono famosi in Italia perchè si vedono spesso nei cartoni animati. Si mangiano come spuntini durante il giorno. L’okonomyaki, quasi introvabile in Italia ma famoso grazie agli anime giapponesi (sia in Ranma 1/2 che in Kiss Me Licia). Viene comunemente definita la pizza giapponese, anche se in realtà è più simile a un omelette. E’ una specie di frittata cotta sulla griglia con una base di cavolo, farina, uova, oltre a ingredienti a scelta. Il tofu: formaggio di latte di soia. Delicato ma poco saporito, ottimo se fresco, in realtà raramente è buono nei ristoranti giapponesi in Italia. Si può mangiare in molti modi. I più comuni sono fritto o tagliato a dadini e messo nelle zuppe. E i dolci? Purtroppo non c’è una grande tradizione culinaria per i dolci giapponesi. Molti spuntini dolci sono introvabili in Italia, ad esempio i buffi tayaki: dolcetti a forma di pesce con ripieno di marmellata di azuki (dolci fagioli rossi). Più frequente trovare dolci europei in cui è stato inserito come ingrediente il te’ verde. Ad esempio il tirami su’ al te’ verde e le varie torte e gelati. Il tutto viene poi accompagnato tradizionalmente dal sake (freddo o caldo), una sorta di vino abbastanza liquoroso e dal sapore intenso, oppure con il the’ verde bollente, anche se in molti ristoranti giapponesi italiani è anche possibile abbinare alle pietanze delle bottiglie di tradizionali vini bianchi. Cosa dirvi in più: provare per credere.
di Marco Bello