Il cavaliere bianco di Tommaso Arcella in mostra a Castel dell’Ovo fino al 7 maggio
Un percorso nella realtà, soprattutto sociale, attraverso l’arte; questo è “Il cavaliere bianco”, la personale di Tommaso Arcella, in mostra presso Castel dell’Ovo fino al 7 maggio 2010. Il noto architetto di Casoria propone per questa esposizione quarantasei opere, alcune molto recenti, altre risalenti alla sua primissima produzione, per un viaggio alla scoperta della dimensione sociale del fare arte, perseguita da sempre come passione, obiettivo, ricerca, sperimentazione: «avevo circa vent’anni quando feci la mia prima esposizione; da allora il percorso professionale mi ha portato lontano da questa attitudine; nonostante le molteplici e gratificanti esperienze lavorative e gli innumerevoli successi nel settore, sentivo che mi mancava qualcosa. E solo oggi, che sento di poter respirare dagli affanni del mio lavoro -afferma Arcella-, intendo dedicarmi totalmente all’arte, indagandone sempre l’aspetto sociale». L’intera esposizione, grazie anche alla forte suggestione che la location imprime, riesce ad evocare all’osservatore una serie di luoghi e momenti che non esistono nelle opere, ma che il talento e il tratto fugace di questo artista prestato all’architettura rendono vivi e reali; “Accumulo n° 1” e “Accumulo n° 2” catapultano il pubblico nei fumosi retrobottega dei ristoranti malavitosi, dove il cibo ha il sapore del sangue innocente e i soldi pagano solo le coscienze; oppure “Il trionfo dell’effimero” dove un’immagine cult della televisione italiana diventa metonimia di tutta l’inconcretezza della società; o ancora “Poesia numerica” dove serie misteriose si stendono sulla tela come versi di un vate scienziato. La ricerca stilistica di Arcella è una perenne evoluzione che pare non volersi arrestare. Tutto è buio, il corridoio che porta alla sala s’illumina solo della luce naturale, giunti a destinazione l’attenzione è calamitata da “Omicidio”, la prima grande installazione posta proprio all’ingresso: un cadavere giace a terra, coperto da un lenzuolo bianco dove vistose macchie di sangue disegnano la fine del suo tempo. «Come la letteratura, secondo Saviano, può essere portavoce di un importante messaggio sociale, così -afferma Arcella- vorrei che l’arte interpretasse il disagio, esprimesse il bisogno di riscatto, fosse sì espressione del bello, ma di una bellezza utile, salvatrice, vivificante». L’esposizione ha un potere particolare, quello di detergere con perizia la polvere del male che spesso si poggia sul cuore, impedendo alla sensibilità di irrorare i pensieri, i gesti, le azioni. Ad accompagnare la mostra un elegante catalogo che, alla prefazione autografa dell’autore, e alle presentazioni di Nicola Oddati, assessore alla Cultura del Comune di Napoli, e Giuseppe Notaro, assessore alla Cultura del Comune di Casoria, affianca i testi di Domenico Natale, critico d’arte, Giuseppe Pesce, giornalista e scrittore, e Francesco Ciocia, magistrato. “Le ragioni dell’arte e quelle dell’etica si sono spesso incontrate nel corso della storia dell’Occidente divenendone un tòpos della sua cultura e sfociando spesso in forme di impegno politico e sociale che coinvolge lo stesso artista: Tommaso Arcella […] sembra voler ancora una volta riproporne le ragioni, e ancora una volta in nome della bellezza; una scommessa rischiosa e spesso perdente sul piano della storia, ma l’unica possibile sul paino del destino dell’uomo e della sua dignità”; così Natale critica l’arte di Arcella, offerta in tutta la sua brillante e sincera verità.
A cura di Rosaria Morra