Il dono di un figlio perso prematuramente… Quale medicina per il dolore?
Caro Padre Claudio, le scrivo questa lettera per raccontarle della terribile esperienza che stiamo vivendo in famiglia. Mi rivolgo a lei perché ho sempre trovato comprensione e disponibilità. Le avevo annunciato con gioia che aspettavamo il nostro secondo bimbo. Purtroppo, la gravidanza non è andata avanti e a dodici settimane il suo piccolo cuore ha smesso di battere. Non avevo avuto nessuna avvisaglia, nulla che mi facesse pensare a tutto questo. Sono arrivata piena di gioia al controllo dal ginecologo e d’amblè, come una doccia fredda, mi ha detto: «La gravidanza si è interrotta!» «Come???!!!» Mi è cascato il mondo addosso e da quel momento non riesco più a farmene una ragione. Il giorno dopo era domenica. Nostro figlio Giovanni era a casa con la febbre e in quel momento dormiva. Ho preparato la borsa, l’ho salutato. Si è svegliato e allora gli ho detto: «Tornerò domani!». Non l’avevo mai fatto! Gli avevo sempre spiegato ogni cosa… Questa volta non ce la facevo… non sapevo da dove partire… E così sono andata. Come promesso sono tornata il giorno dopo, ma con una grande tristezza nel cuore. Il piccolo Giovanni era ancora a casa con gli strascichi dell’influenza, per cui ha vissuto in pieno tutta l’atmosfera di questo doloroso evento, del mio ritorno e della tristezza che portavo dentro. Abbiamo fatto di tutto per non farglielo capire, ma credo abbia percepito molte cose. Anche per questo sto davvero male: ci teneva tanto al “bimbo nella pancia”. Aveva voluto assistere all’ecografia precedente appena cinque giorni prima dell’aborto… Poi, non ha più sentito parlare del “bimbo”. Non ha neanche chiesto più nulla su di lui, su di noi. In coppia le cose non vanno benissimo: c’è rabbia e delusione. Si è distanti anni luce. Non so cosa fare, anche perché Giovanni si comporta in modo strano… E’ arrabbiato con tutti; mi cerca più del solito; lancia via le cose che gli offrono; rosicchia le dita continuamente… Mi dia un consiglio: come possiamo gestire questa situazione con lui? Meglio parlargliene o dimenticherà? Cosa dobbiamo dirgli?
E’ duro anche per me apprendere questa notizia! Ho atteso due giorni prima di scrivere… Immagino cosa possa essere stato per voi, per te mamma, per te papà e per Giovanni che certamente già accarezzava questo sogno. Per lui, ormai, era già realtà. Se noi adulti possiamo rimanere un po’ distaccati da simili esperienze (semmai, ma non è mai così!), per Giovanni quel piccolo fratello era già. Ed è proprio così, perché non era una bozza di fratello, ma già il suo nuovo fratello che doveva solo un po’ crescere per poi farsi vedere… Per lui già abitava lì, in quella casa, protetto dalla pancia della sua mamma. E poi d’improvviso… non se ne parla più! Impossibile! Perché? Forse ho fatto il cattivo e non mi parlano più di lui? O forse ho fatto qualcosa che lo abbia offeso, ferito, ucciso e lui se n’è andato? Perché mamma e papà non mi dicono niente? Perché Non mi parlano più di lui? Li vedo così tristi! E dov’è andata mamma quel giorno, proprio quel giorno che avevo la febbre, lei che non mi lascia mai quando sto così, che mi sa sempre consolare, che mi dice sempre tutto, risponde ad ogni mia domanda? Perché? Un’esperienza come questa è sempre dura per un genitore. Sempre! Per una mamma, però, è molto molto più dura che per un papà e per i fratelli! E’ una vita strappata violentemente dal proprio grembo, che lascia dentro le radici; che continuerà a immaginare e a cercare nei meandri della sua fantasia e del suo corpo. Un figlio è per sempre! Non conta se abbia vissuto 98 giorni o 98 anni. Lui o lei ha fatto e fa parte di te, di voi e nulla potrà cancellare questa verità scritta nella vostra storia. Proteggere Giovanni dal dolore e dalla caducità dell’esistenza umana è un atteggiamento che non serve, perché lui sa’, ma vuole saperlo da voi; vuole essere confortato e apprendere che non è lui la causa di ciò che è accaduto. Talvolta, un bambino sembra reagire anche troppo bene alla perdita o all’abbandono di una persona cara, ma in realtà sta piangendo in silenzio dentro di sé. E’ possibile che abbia bisogno di vedere un adulto piangere per riuscire ad esprimere il suo dolore o liberarsi da qualche rimorso. I bambini hanno bisogno di un modello, dell’esempio di qualcuno che pianga la perdita, che mostri loro quanto questo sia naturale e innocuo. Se poi un bambino trattiene in sé tutte le emozioni, non le esternalizza, non gli sarà di nessun aiuto avere adulti che lo circondano che fanno lo stesso. “Facciamo finta di niente… non diciamogli nulla, perché sembra che l’abbia presa bene…”. Perché il piccolo si lasci andare, apra il suo cuore e riveli la sua sofferenza o confusione interiore, occorre che senta la presenza di un adulto di cui fidarsi profondamente, qualcuno che intuisca essere a suo agio con la sofferenza. Una persona che non lo respinge sarà quella che non cercherà di distrarlo o condurlo ad emozioni felici e distorte. Le emozioni di Giovanni e i suoi dubbi, in questo momento, sono troppo forti per venire a galla da soli, ve ne siete accorti. Riconciliatevi prima tra voi. Ritrovate la vostra pace e la vostra armonia, poi coinvolgetelo nel vortice delle vostre emozioni. Raccontategli una storia, la vostra storia; che il vostro amore è qualcosa che non morirà mai, che non lo abbandonerà mai, perché voi oggi vi amate e lo amate come prima e più di prima, assieme a questo fratellino che è nato e già volato… Dategli un nome e con lui chiamatelo. Contatelo. Appartiene alla vostra famiglia. E’ nella vostra storia e con voi e nel vostro cuore, nella gioia e nel dolore rimarrà sempre!
Padre Claudio Marino
Se ti senti chiamato CHIAMA!!
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