Il dono: pratica di un passato ormai remoto
Da un’analisi globale della realtà sociale occidentale, ciò che emerge è un quadro in cui individualismo e un’eccessiva dose di razionalità ne fanno da cornice.
L’uomo odierno si presenta autointeressato e seguace di una logica sempre più utilitarista.
Anche dal punto di vista squisitamente economico, ciò che emerge è l’idea secondo cui ogni azione sia proiettata alla massimizzazione di interessi individuali. Sebbene oggi si parli di globalizzazione, europizzazione e di una caduta dei confini spazio-temporali dovuti al sistema I.C.T., in realtà tra le tante cose è andato perdendosi l’idea del dono.
Anche se sembrerà paradossale affermare che in una società consumistica come quella contemporanea, il concetto di dono sia sparito, ciò che va messo in evidenza è il fatto che questo termine, apparentemente comune sia molto più complesso ed esteso di quanto si possa immaginare.
Il dono ingloba in sé spazi valoriali e profonde dimensioni etiche; porta in sé i residui di un passato che sebbene primitivo, ha sempre trovato nel collettivo la sua forma organizzativa emergente.
Ancora oggi in posti lontani, ove il processo di modernizzazione non ha ancora preso piede, la pratica del dono è pretesto di ritrovo, di interazione e senso di appartenenza. Non a caso ad essere scambiati, sono oggetti simbolici come conchiglie e manufatti di poco valore.
Oggi invece, si parla di scambio dove per esso si intende una transazione di risorse che avviene su base di interessi economici.
Insieme al dono sono oggi scomparsi valori antichi, che sanno di unità e comunione e logiche che hanno il sapore della tradizione.
Questo ci dimostra come sarebbe utile per il mondo moderno attingere dal passato più che aspirare esclusivamente al futuro.
Concetta Vernazzaro