Il Sasso e la Farfalla
Hai rinchiuso la tua vita
legando la tua caviglia ad una fune
attaccandola ad un sasso
che non ti ha fatto fare più
nemmeno un passo.
Non c’è direzione né azione
solo un pensiero esagerato
verso un uomo
che se ne è già andato
togliendoti l’aria
e mentendo alla tua anima
tanto tempo fa.
Resti a guardare il tuo dolore
dirigendo il tuo pensiero
sempre alle stesse immagini
di un film visto tante volte
sempre con lo stesso finale
mentre avresti potuto volare
posando le tue ali
su un altro futuro
mentre invece
resti prigioniera di un sogno
che vedi solo tu.
(Luisa de Franchis)
Goethe
Johann Wolfang Von Goethe nacque a Francoforte sul Reno il 28 agosto del 1749, lo appassionarono diverse arti e la sua attenzione fu rivolta alla politica, al dramma, alla letteratura, alla teologia, alla filosofia, all’umanismo, alle scienze. Amava la mineralogia, l’ anatomia, la geologia e la botanica.
Inventò il concetto della letteratura mondiale in quanto fu grande conoscitore delle realtà culturali di paesi come l’Inghilterra, la Francia, l’Italia, la Grecia, la Persia, l’Arabia.
Acquisì gran parte delle sue conoscenze ricevendo istruzione privata, le sue aspirazioni universitarie erano i corsi di Lettere Classiche, ma suo padre lo indusse a frequentare gli studi di Diritto a Lipsia e fu proprio in questa frivola città che iniziò a scrivere poesie musicate da Breitkopf proprietario di una casa editrice musicale.
Fu colpito da un’infezione polmonare che lo costrinse a tornare a Francoforte.
Tra le sue poesie più significative : “ Poesia e verità”, “Confessioni di un’anima bella” che scaturivano da una vita attraversata da sofferenze fisiche dettate da una salute cagionevole, che lo portarono anche a sfociare in un influsso religioso.
Migliorato finalmente il suo stato fisico riprese gli studi universitari a Strasburgo dove imparò il francese.
Per Herder compose “Rosellina della Landa . Musa ispiratrice di molte sue liriche tra le quali “ Benvenuto Addio”, “Festa di Maggio”, “Non so se t’amo”, “Ora l’angelo sente” fu Friederika Brion.
Dopo il primo insuccesso accademico finalmente in seconda istanza ottenne il titolo inferiore di licenziato in Legge.
Sapeva trasformare le immagini in poesia ed utilizzava delle similitudini.
Nobile d’animo ma anche impetuoso nella sfera affettiva e nella vita quotidiana sapeva però controllarsi.
Era un galantuomo con il sesso femminile e non era presuntuoso, religiosamente rispettoso ma non praticante.
“I dolori del giovane Werther” furono il suo capolavoro scritto di getto nel marzo del 1774, specchio di una Germania dell’epoca malata.
Nel 1776 divenne membro del Consiglio segreto tedesco e questa carica fu per lui un grande onore, successivamente ottenne anche il titolo di Ministro dell’Imperatore Giuseppe II.
La sua trasformazione di immagine da poeta a uomo di mondo fu curata da Charlotte Von Stein che lo avviò a compiti che lo videro Consigliere del Duca.
A Weimar per ben dieci anni non ebbe una grande ispirazione poetica, nacquero “Le due Ballate”, “Il Pescatore”, “Canto notturno del viandante”, ma dopo la sua trasformazione più aperta alla mondanità scrisse “Il Canto degli Spiriti”, “Sopra le acque”, “I Limiti dell’Umano”, “Il Divino”.
Nel 1811 fu impegnato politicamente come Consigliere Ministeriale per gli Affari militari, per la Viabilità ed anche nella Pubblica Amministrazione.
Nel 1786 si recò in Italia ed a causa di uno “schizzo” fatto al Castello di Malcesine fu scambiato per una spia e fu arrestato, ma ben presto fu scoperta la sua vera identità e venne scagionato e liberato.
Visitò molte città italiane trascorrendo due anni di vita in piena felicità.
Nel 1788 tornò a Weimar rinunciando a tutti gli incarichi ottenuti.
Attraversò un momento spirituale e psicologico molto delicato che lo isolò anche socialmente.
Riuscì ad uscire da questo grave stato di prostrazione grazie all’amicizia con Friedrich Schiller.
Morì nel 1832 a Weimar a causa di un attacco cardiaco e le sue spoglie riposano nella Cripta dei Principi nel Cimitero Storico di Weimar. Le sue ultime parole famose “Più Luce”.
(Luisa de Franchis)