Intervista alla poliedrica Marcella Boccia
Parlare con Marcella Boccia, è sempre un po’ imbarazzante, in quanto la Sua vita è talmente piena che difficilmente si riesce a stabilire da dove partire, è bastato però un attimo, per rompere il famigerato ghiaccio. Marcella:
Scrittrice, Poeta, Musicista, Insegnante, con una naturale predisposizione verso la filosofia orientale piuttosto che quella occidentale, quale Marcella Boccia vuoi farci conoscere?
E’ impossibile separarle. Tutto quello che faccio è usare le parole per rappresentare la mia anima sul palcoscenico della vita. Scrivere libri, poesie, canzoni o insegnare la lingua italiana agli studenti stranieri, è un unico percorso, il percorso che la vocazione mi ha indicato sin da quando ero bambina. Ogni vocazione affonda le proprie radici in una predisposizione naturale. C’è chi la chiama daimon, chi destino. E’ come se non avessi mai dovuto imparare, perché ne ero dotata alla nascita. In età prescolare, infatti, avevo imparato da sola a leggere e a scrivere il mio nome, così saltai la classe prima alle elementari! Oggi non si tratterebbe di un fatto eccezionale, perché i bambini, alla scuola dell’infanzia, imparano anche le lingue straniere! Un tempo, invece, facevamo il girotondo e mangiavamo purè di patate.
Gli hindu parlano di un bagaglio di conoscenze dovute alla reincarnazione. A me piace pensare, invece, ad esperienze che l’inconscio coglie, mentre l’
attenzione reale è su altro. Mia madre studiava per la tesi all’Università quando ero nella sua pancia, e, poi, quando mi cullava. La poesia ha bussato alla mia porta molto presto. Da bambina scrivevo i primi versi ed a 12 anni fondai un club di poetesse bambine. Tutti noi abbiamo una vocazione. Se osserviamo con attenzione i bambini, non è difficile comprenderla.
Sono tanti i premi ed i riconoscimenti ricevuti, tra Romanzi, libri di Filosofia e poesia da te scritti e pubblicati, di quale delle tue opere ci vuoi parlare in questa breve intervista?
E’ una scelta imbarazzante! Una mamma non privilegia un figlio a discapito degli altri! Li ama tutti allo stesso modo. “Diario dall’India” è il maggiore, quello ormai adulto. Prima, avevo pubblicato raccolte di poesie ed un breve racconto semiserio. “Diario dall’India. Riflessioni sulla filosofia Yoga” è la narrazione, nuda e cruda, quotidiana, del mio primo viaggio di studi in India.
Durante quella permanenza, la prima di più di una decina molto lunghe, osservavo il subcontinente con occhi infantili, direi romantici. Tutto colpiva la mia attenzione: colori, suoni, odori, sapori e profonde emozioni occupavano costantemente i miei sensi, carichi di un bagaglio di esperienze che mi ha permesso di scrivere moltissimo anche stando in Italia, nella mia casa campana in campagna, piuttosto che in centro a Roma, sull’appennino innevato, a Lampedusa, o sul fiume Po. L’India ritorna quasi sempre nei mie scritti. Il thriller “Perla Polidoro. I 33 gradi del Rito Scozzese” si apre e si chiude in India.“Tantra” è un saggio sulla filosofia yoga che utilizza l’energia sessuale come strumento di evoluzione. Dell’India parlo anche nei miei diari dal Kashmir, in cui racconto la rivoluzione kashmira, fatta di sassaiole, fucili, bombe e violenza.
Tu sei nata nel nostro Sud, ma sono più gli anni trascorsi all’estero che quelli vissuti in Italia, cosa pensi, ci potrà mai essere una vera integrazione sociale nel nostro paese, forse siamo noi stati di cattivo esempio, visto che pur di raggiungere le nostre coste, il mito dell’occidente, tanti disperati mettono in gioco la loro vita?
Noi italiani siamo un popolo relativamente nuovo e, pertanto, impreparato al fenomeno dell’immigrazione vera e propria. O, piuttosto, tendiamo a dimenticare e a non imparare dalla storia. Chiudiamo gli eventi storici in cassetti, sigillati, e fingiamo che tutto ciò che accada sia all’esterno e non riguardi le nostre vite. Qualcosa, tuttavia, si sta muovendo. La nostra società è, ormai, multietnica, per fortuna, e le nuove generazioni ci dimostreranno quanto siamo stati ciechi e meschini. Il mito dell’Occidente ricco e perfetto esiste, purtroppo. In India, dove ho trascorso molto tempo, ma anche in Pakistan e nel Magreb, si pubblicizza il benessere economico occidentale come la cura ad ogni male. La disillusione che segue l’emigrazione non è immediata. Le persone impiegano molto tempo prima di comprendere che l’Italia, l’Europa e l’Occidente non sono quei paradisi visti alla tv. La crisi economica che stiamo vivendo ha costretto molti immigrati a tornare nel proprio Paese d’origine, con tutte le conseguenze, economiche e sociali, del caso. Ritornare, senza aver fatto fortuna, è un disonore. Lo abbiamo vissuto noi italiani e sappiamo cosa significhi, sebbene fingiamo di averlo dimenticato.
In silenzio e senza scalpore, hai sempre protestato contro le ingiustizie di questo mondo, da Pacifista convinta, hai poi messo anche a repentaglio la tua vita, facendo vari scioperi della fame per protestare contro le ingiustizie del mondo, ricordo la canzone “Congo” canzone di denuncia contro la silente guerra civile in Africa, parlaci un po’ dei tuoi futuri progetti?
Credo che scrittori, poeti, autori in genere, e tutti coloro che usano la parola, ma anche l’immagine, come strumento di comunicazione, abbiano il dovere di protestare contro le ingiustizie del mondo. Noi esseri umani affidiamo la nostra felicità ai politici, che hanno una diversa sensibilità, una diversa vocazione. Chi usa la politica a proprio piacimento ha il potere di rendere legali le ingiustizie e di sottrarre la dignità alle persone più vulnerabili. I media ci informano di alcune guerre ed eventi tragici, ma non di tutti. Ed, intanto, in Congo, in Kashmir, in Tibet ed in molte centinaia di altri luoghi, si consuma una violenza raccapricciante: bambini uccisi o resi soldati, donne stuprate e costrette ad abortire con scariche elettriche e bastonate, uomini che scompaiono nel nulla. In Kashmir, ad esempio, esiste un movimento pacifista di donne, mogli, rese vedove senza aver mai potuto piangere sulla tomba dei loro mariti. Gli uomini vengono portati via di notte, dalle case, e non ne fanno più ritorno. Queste donne chiedono di poter riabbracciare i cadaveri dei loro mariti e dargli degna sepoltura. In Congo, i bambini nati dagli stupri dei soldati, vengono schiacciati nei mortai. In Tibet, centinaia e centinaia di monache sono state stuprate, torturate, uccise, dai soldati cinesi, senza che l’
opinione pubblica ne fosse informata. Ho scritto di certi argomenti, andandovi così vicina da esserne terrorizzata. Il terrore, la paura di morire, il pericolo che molti esseri umani vivono ogni giorno in tutto il mondo, sono lontani dalla vita quotidiana di quell’altra parte di mondo, quella che si preoccupa più di quale tablet acquistare, e che, poi, non usa quel tablet per conoscere cosa accade intorno al proprio piccolo paradiso, fatto di consumismo, di aperitivi al bar, cene di gala, partite di calcio alla tv ed abiti alla moda. Io mi occupo di tutto ciò che tocca la mia anima. Per il futuro? Spero che il mondo diventi un meraviglioso luogo in cui vivere e che io possa scrivere romanzi rosa. O, piuttosto, continuare a scrivere thriller, usando, tuttavia, esclusivamente la fantasia.
Con un grande abbraccio, lascio questa splendida e poliedrica donna, con la speranza di incontrarla presto, per continuare a parlare di Lei.
a cura di Anna Paciello