L’APPELLO PER ADAMA, VITTIMA DUE VOLTE
Adama, una donna migrante arrivata in Italia nel 2006, lasciando quattro figli in Senegal da mantenere, ha chiamato i carabinieri per denunciare di essere stata derubata, stuprata e ferita alla gola dal suo ex compagno, ma oltre il danno ha dovuto subire anche la beffa poiché, non avevendo i documenti in regola, l’hanno rinchiusa al Cie, il centro di identificazione ed espulsione, di Bologna.
Nei giorni scorsi, nella Giornata contro la violenza alle donne, le associazioni Migranda e Trame di Terra denunciano a gran voce tale storia affermando che si tratta di una doppia violenza: come donna e come migrante.
L’appello, più che sulla stampa o nelle TV, corre ad altissima velocità soprattutto sulla rete: “Liberate subito Adama dal Cie, concedetele un permesso di soggiorno che le consenta di riprendere in mano la propria vita” , sono le parole che lo compongono.
Adama è stata portata al Cie il 26 Agosto scorso. Precedentemente ha vissuto a Forlì lavorando come operaia nell’attesa di ottenere il permesso di soggiorno. Lì ha conosciuto un suo connazionale che dapprima le ha trovato casa, poi è diventato il suo compagno, ma ben presto si è trasformato nel suo aguzzino.
Le parole sofferenti nella testimonianza di Adama stessa: “ Mi picchiava con schiaffi, pugni e percosse quotidiane e mi ripeteva con ossessione che il mio essere clandestina mi avrebbe impedito di chiedere aiuto”.
Una richiesta di incontro è arrivata dal Coordinamento migranti alla Prefettura il 16 Settembre, ed accordata solo il 25 Ottobre.
Le associazioni per la difesa e la tutela delle donne e delle vittime di violenza protestano indignate: “Ogni giorno lì dentro per Adama è un giorno di troppo, per quattro anni è stata derubata del suo salario, ha subito violenze da un uomo che ha abusato della sua clandestinità. Quando si è rivolta alle forze dell’ordine, la risposta è stata la detenzione”.
A dar manforte alle parole delle associazioni ed ai numerosi appelli che si susseguono in difesa della dona, sono i medici che nella perizia scrivono della donna: “ La sua compromessa situazione psicologica non è compatibile con la sua permanenza al Cie”.
E’ un dramma di fronte al quale non si può tacere e che ci sentiamo di diffondere per dare continuità alle iniziative già presenti in rete per restituire una giustizia ed una dignità a questa donna.
Mario Sabljakovic