La morte di Fortuna, un esempio per difendere l’infanzia
E’ una storia triste, assurda, quella della piccola Fortuna Loffredo, che avrebbe avuto il diritto di vivere la sua infanzia, spensierata e giocosa. Invece è stata vittima di un orco, di un mostro, che non si è accontentato solo di rubarle l’ingenuità, la fanciullezza, ma l’ha percepita addirittura come un pericolo tanto grave, che non ha esitato a gettarla dall’ottavo piano di un condominio dove a quanto si apprende, è consuetudine abusare dei minori. La storia triste e assurda della piccola Fortuna, nasconde uno scenario più ampio e difficile da comprendere, il degrado di un agglomerato di cemento chiamato Parco Verde nella cittadina di Caivano a Nord di Napoli. Una realtà al centro delle cronache per essere nel triangolo della terra dei fuochi dove i bambini si ammalano di tumore prima di nascere e, morire per le conseguenze delle esalazioni tossiche dei rifiuti bruciati è all’ordine del giorno, La storia è ancora più sconvolgente perché se oggi c’è un presunto assassino lo si deve ai bambini, i soli che hanno raccontato nella loro ingenuità, la verità perché i grandi dal canto loro, hanno fatto di tutto per nasconderla. A cominciare dalla donna che ha nascosto la scarpina di Fortuna per proteggere il figlio, agli arresti domiciliari, e della compagna di Raimondo Caputo, madre di quattro figli di cui un bimbo di tre anni Antonio, morto allo stesso modo di Fortuna nel 2013 senza un motivo. I personaggi di questa squallida vicenda erano stati già in passato sospettati e accusati di pedofilia e violenza su minori, nello specifico della figlia dodicenne della convivente di Caputo, ma poi erano stati rimandati a casa. Ci sono voluti due anni per ricostruire i fatti, ma gli inquirenti sono stati più tenaci, non si sono fermati di fronte all’indifferenza, all’ignoranza e all’omertà di chi sapeva e ha taciuto e grazie ad un’altra bambina, amica di Fortuna, hanno arrestato Caputo. I sogni di Fortuna sono stati spezzati all’improvviso, per la perversione di un adulto, che dal carcere si professa innocente e che hanno dovuto trasferire in una cella singola dopo il tentativo di linciaggio da parte di altri detenuti. Di certo questo sarà un processo lungo, difficile e delicato, ma si spera almeno che la morte di Fortuna non resti vana a cominciare dagli interventi delle istituzioni nazionali e locali, che comprendano l’importanza di essere concretamente presenti in quei territori difficili e complessi come quello di Caivano. E’ giunto il momento per lo Stato di comprendere che, è un diritto vivere con dignità al Nord come al Sud e che bisogna attuare politiche sociali adeguate mirate per ridurre al minimo l’emarginazione e il degrado anche morale attuando pene più severe per gli orchi. La vita spezzata di Fortuna merita giustizia, l’impegno di proteggere e difendere i bambini deve essere di tutti perché a tutto c’è un limite e l’infanzia non si tocca.