Ladurée a Milano. Si salvi chi può
Code chilometriche hanno celebrato l’apertura a Milano di Ladurée, tempio della pasticceria parigina, meta di “pellegrinaggi” dei golosi di tutto il mondo. Ecco il racconto di una di loro Sono finita, non ho speranze. Fatico, sudo, soffro la fame pur di arrivare con una parvenza di peso forma all’estate, e in un attimo ogni speranza viene distrutta. Ha aperto a Milano il primo negozio italiano di Ladurée, La (con la maiuscola) pasticceria di Parigi, mecca di tutte noi giornaliste ogni qualvolta veniamo spedite in “missione” nella capitale francese. Basta evitarla, direte voi. Mica facile: perché, oltre alla centralissima posizione (in Duomo, con drammatica triangolazione con altri due templi da ghiottoni, Princi e Peck), dove le vetrine verde menta spiccano come poco altro, quello che ti porta sulla strada della perdizione non sono solo i dolci, ma il mondo in cui entri una volta varcata la soglia. Pensate al negozio come a un teletrasporto che vi catapulta a Parigi, in rue Royale lì dove tutto è iniziato nel 1862: uno scrigno fatto di boiserie e di stucchi, di camerieri impeccabili, di tovaglioli di fiandra e tavolini di marmo che si affacciano sulla Madeleine. Tutto è ovattato, perfetto, sontuoso. E voi siete lì, a gustarvi la vostra millefoglie al rhum invecchiato, o una delicata tarte-tatin, o magari, ad assaggiare la loro pièce de résistance: il macaron. E qui si apre un capitolo a parte: ciliegia, caffé, pistacchio, cioccolato al latte o amaro, caramello al burro salato, mirtillo, fichi e datteri, violetta candita, lampone e cioccolato… esprimete un desiderio, e lo vedrete realizzato con la forma del mitico pasticcino, un capolavoro di mandorle e zucchero, croccante e tenero. Un consiglio da una che, come dire, ha accumulato una certa esperienza? Non strafate lì in negozio, il piacere va, se non centellinato, almeno leggermente prolungato: compratene qualcuno da portare a casa; le loro confezioni, un trionfo di rosa e lilla, valgono da sole l’acquisto. La fine è certa.
A cura di Pasquale Esposito