L’attesa – Frammenti nel tempo
Segni, tracce, passaggi, di un fluire cronologico che si fa introspezione, incontro e gestazione, questo l’affascinante tema de “L’attesa – Frammenti nel tempo”, la personale di Pasqualina Caiazzo a cura di Susanna Crispino e Roberta Cotronei, in mostra presso il museo dell’Opera di Santa Chiara fino al 22 maggio. Venti lavori, circa, realizzati nelle serie “I&Me”, “Me&You” e “L’Attesa”, compongono le principali tappe di questo un intenso e appassionante percorso, tanto identitario quanto materico, intrapreso verso i sentieri dell’interiorità, e articolato in fotografia e pittura, senza dimenticare un generoso apporto pop, cartoon, pubblicitario e sociale. Le opere di Pasqualina Caiazzo, volto piallato ed etereo, sguardo fiero, bocca seducente e voce profonda, rappresentano un perfetto incontro di contraddizioni d’ogni genere, piacevole perché proprio nella dualità, nell’antitesi, nell’ossimoro dei titoli si risolve il “conflitto” e si (ri)crea l’unità. Al centro di questa indagine creativa, formale e concettuale c’è la donna, perché «con essa nasce la vita, e sul suo corpo, amplificati e moltiplicati, rivivono occhi, bocche e mani, perché attraverso questi simboli la vita fluisce». Queste le parole con cui la giovanissima artista napoletana descrive le sue creazioni, fatte di sguardi, di soffi, di mani aperte, di simboli del passato, della cultura, del costume, e di richiami; le sue passioni, i suoi riferimenti, le sue visioni trovano spazio su minitele e fogli di carta che si prestano come supporti eccezionali di questo percorso anche geografico: in aree di pochi centimetri quadrati, infatti, si consuma un piccolo miracolo laico fatto di suggestioni ed emozioni, basta pensare ai “frames” rivestiti con uno scampolo di stoffa, che ricordano di donne lontane, di altri mondi, di altre usanze, di altre sofferenze, metonimia di dettagli spesso nascosti, come la sua ossessione creativa: l’occhio. Lunghe e folte ciglia, infatti, incorniciano iridi profonde mentre corrucciate sopracciglia ne disegnano l’espressione, tutto si stempera in un languore cromatico capace di ricostruire la suggestione di uno stato d’animo, come l’avversione per una scena orribile. Questo linguaggio, evidentemente sofisticato e prettamente femminile, dove l’estetica gioca un ruolo fondamentale, è enfatizzato dai colori, scelti non come vezzo, o, peggio, espediente accattivante, ma intrisi di un preciso supporto espressivo attraverso cui raccontare l’opera stessa e connotarla di una maggiore forza. La stessa forza che intende trasmettere a chi è più debole, proprio per questo il ricavato dalla vendita delle due installazioni fotografiche sarà interamente utilizzato per sostenere i prossimi progetti dell’associazione Byelo Onlus (www.byelo.org). Ad accompagnare la peculiarità cromatica è la scelta precisa e falsamente immatura di operare nella bidimensionalità: attraverso questa modalità, obiettivamente capace di conferire ai lavori una predominante valenza fumettistica o un’apparente immagine acerba, sottolinea la specificità di un work in progress, di qualcosa che cresce e, sotto gli occhi dell’osservatore, magari fruitore, diventerà altro, restituendo davvero il tempo de “l’attesa”. A dimostrazione di questa circolarità del percorso, di questa ciclicità delle creazioni, l’esposizione (visitabile dal lunedì al sabato ore 9,30 – 17,30, domenica e festivi ore 10,00-14,30, con ingresso consentito fino a trenta minuti prima dell’orario di chiusura) si apre con l’esplosione artistica de “Le fate bendate”, ultimo lavoro del ciclo precedente, e arriva ai disegni strutturali dei prossimi progetti, un cerchio che si chiude e si quadra, quindi, come ha sottolineato la video installazione realizzata in collaborazione con Chiara Di Donato all’apertura della serata inaugurale, durante la quale la Caiazzo ha offerto al foltissimo pubblico un’esplicativa e seducente performance.
Rosaria Morra