Le donne nei dipinti della Galleria Nazionale di Cosenza
Nell’Anno Europeo delle pari opportunità, fioriscono anche in Italia le iniziative organizzate all’insegna della promozione del principio della democrazia paritaria.
Il Ministero per i beni e le attività culturali, per esempio, il mese scorso ha partecipato alla tradizionale Festa della donna con una manifestazione nazionale intitolata a “La donna nell’arte”.
A chi apprezza la pittura merita segnalare, al proposito, che la Soprintendenza per il Patrimonio Storico Artistico ed Etnoantropologico della Calabria (diretta da Salvatore Abita) ha aderito all’iniziativa ministeriale organizzando nella propria sede una conferenza imperniata sul tema “Jezabel e le altre. Le donne nei dipinti della Galleria Nazionale di Cosenza” .
Nel pomeriggio dell’8 marzo, la città calabrese ha dunque ospitato a Palazzo Arnone un incontro durante il quale sono stati riletti alcuni capolavori che hanno come protagoniste straordinarie figure di donne ed il loro «ricco, intenso e spesso drammatico universo interiore».
Le parole suggestive e coinvolgenti di Rosanna Caputo, storico dell’arte della Soprintendenza della Calabria, hanno tracciato un singolare excursus aperto dalla figura di Jezabel, «la regina idolatra che paga con una terribile morte la sua condotta dissoluta»: attorno al 1680 è ritratta da Luca Giordano in una composizione monumentale, e di grande impatto scenografico, che «rimanda a Pietro da Cortona e Carlo Maratta».
Segue “Sofonisba riceve la coppa di veleno”, di Mattia Preti, opera giovanile in cui «si intravedono stilemi e contrasti luministici di matrice caravaggesca» e in cui la vicenda di questa straordinaria eroina dell’antichità incarna il coraggio e la determinazione in difesa della libertà e la dedizione e l’obbedienza al coniuge.
Questo percorso tutto al femminile continua con le belle «favole e historie» che Luca Giordano dedicò a “La morte di Lucrezia” e “La morte di Cleopatra”: in essi «l’artista napoletano abbandona l’artificiosa e vaga pittura dorata, le forme diafane e dissolte privilegiando modi classicamente più equilibrati, sebbene innescati su di una rinnovata teatralità barocca».
Affascinante, poi, nella Galleria Nazionale di Cosenza, il dipinto di Mattia Preti “Labano cerca gli idoli nel baule di Giacobbe” (Storia di Rachele): è detto “Il corredo in cui la bella Rachele inganna il padre Labano”, «con un atto di astuzia, dote tutta femminile».
Ma il posto d’onore, in questa “Galleria” di donne diventate famose, spetta sicuramente a Maria Maddalena: i dipinti che la raffigurano, in diversi momenti della sua straordinaria parabola esistenziale, sono ben cinque.
Andrea Vaccaro e Mattia Preti danno due belle interpretazioni del Noli me tangere, quando la Maddalena incontra il Cristo risorto, non lo riconosce e lo scambia per il custode del giardino.
Il primo, uno dei pittori più versatili del Seicento napoletano, dà vita al “Cristo risorto in veste di giardiniere appare alla Maddalena” in cui «gli echi del naturalismo napoletano, tutti evidenti e tangibili nella corposa e sensuale Maddalena, convivono con soluzioni classiciste di ambito romano-bolognese, che si palesano nelle fattezze e nell’espressività pacata e composta del Cristo».
Mattia Preti, invece, nel suo “Cristo risorto in veste di giardiniere appare alla Maddalena”, mediante «il taglio prepotentemente ravvicinato delle figure imprime alla scena uno straordinario effetto in cui il senso del monumentale e del teatrale si realizza secondo i dettami dell’estetica barocca».
In questa iniziativa dedicata alla donna nell’arte Luca Giordano è presente anche con due dipinti che raffigurano la Maddalena penitente, ritratta secondo i consueti canoni iconografici desunti dalla “Legenda Aurea” di Jacopo da Varazze.
“La Maddalena col Crocifisso”, dal taglio scenico in orizzontale, «richiama le sensuali dee sdraiate sui letti o sulle nubi delle “favole” mitologiche dipinte dal pittore», mentre «l’uso del colore e la luce calda e dorata attestano un venetismo di marca tizianesca».
Quanto a “La Maddalena penitente”, «per la morbida e rarefatta luminescenza, gli scorci paesaggistici in dissolvenza e l’eleganza delle forme si avvicina alle opere del periodo fiorentino e immediatamente successivo».
Chiude questo inconsueto percorso un dipinto di Paolo de Matteis , “Le sante Maria Maddalena e Dorotea”, in cui la Maddalena è raffigurata in gloria sorretta da angeli.
A cura di Flavia Sorrentino