Lega solo di lotta, non più di Governo
L’unica mossa possibile che il Senatùr poteva fare era di andare all’opposizione. Nemmeno per un attimo gli è passato per la testa di seguire le mosse del Cavaliere. Per la Lega, dopo il lungo periodo di “lotta e di governo”, non c’era alcuna altra possibilità. Il bisogno di un lavacro rigeneratore Bossi, la cui volgarità espressiva è pari solo al suo opportunismo politico, lo ipotizzava da tempo. Capiva bene, nonostante i distinguo dal presidente del Consiglio, che il destino del Carroccio era legato a doppia mandata a quello dell’Esecutivo. Ma il popolo della Padania stava perdendo la pazienza. Non più borbottii e mal di pancia silenziosi dietro le quinte. A lui, al capo carismatico ideatore della “secessione”, erano state mosse contestazioni mai lontanamente ipotizzate. Sotto, sotto, forse l’Umberto avrà ringraziato i “traditori” di Silvio che l’hanno tolto dall’impaccio di passare lui per infedele e di staccare la spina al traballante Gabinetto. Certo, ci stava pensando già da un po’. Qualche fido furiere lo incalzava in tal senso, ma il potere è potere e logora chi non ce l’ha, Andreotti docet. Insomma, per Bossi non poteva andare meglio per smarcarsi e per provare a rilanciare prima di tutto la sua leadership. E, allora, in un battibaleno si rispolvera il parlamento padano con tutti gli armamentari ed i riti della propaganda secessionista. Le camicie verdi gridano all’usurpatore nei confronti del varesino Mario Monti. Non si prendono nemmeno il disturbo di andare a farsi consultare dal presidente del Consiglio in pectore. Il loro ragionamento è elementare: nessun governo tecnico, o di unità nazionale, o del presidente. Alle urne e basta.
Quelle urne tanto invocate paura la fanno però agli uomini della Lega Nord. Gli indici di gradimento, i sondaggi tanto cari all’ex presidente del Consiglio, indicano risultati elettorali non rosei. Ben venga allora l’opposizione tosta al Governo Monti così da serrare le fila ed aggregare anche quelle anime libere che in più di un’occasione hanno sgomitato. Essere poi gli unici a non battere le mani alla nuova amministrazione è proprio una fortuna. I riflettori saranno tutti puntati sulle camicie, fazzoletti, foulard, bretelle rigorosamente verdi – ma anche sulle facce verdastre di ex ministri – dei rappresentanti del Carroccio.
L’opposizione è una bella parola quando non sei stato mai al potere. Quando invece hai toccato o solamente sfiorato le leve del comando, allora ti rendi conto di com’è difficile affrontare problemi territoriali, accontentare clientes impazienti, dare il contentino a tizio o a caio per farli essere fedeli alla causa stando all’opposizione. Ma, “di necessità virtù”. Oggi è il momento della minoranza in Parlamento, domani si vedrà. Per fortuna ci sono ancora le “autonomie locali” che tengono. Su questo fronte bisognerà essere molto cauti nel rinnegare le alleanze storiche. Al discorso programmatico di Monti il bollo della negatività senz’appello lo ha dato Calderoli: “Macelleria sociale, istituzionale e politica”. Nemmeno Maroni ci è andato leggero nelle sue dichiarazioni. Tutti d’accordo questa volta senza distinguo contro i predoni del voto popolare. Nei pensieri più reconditi dei big della Padania, al di là delle emergenze odierne, ci sono le ipotesi di navigazione futura, non solo collettive, ma anche e forse soprattutto individuali. Fino a quando Bossi resterà il capo carismatico “in servizio, permanente, effettivo”? A chi passerà lo scettro del comando? Berlusconi una mezza designazione l’ha fatta. Certo, trova il tempo che trova, ma già è qualcosa. C’è poi l’altro pericolo che potrebbe essere esiziale per Bossi e compagni: il ritorno della Dc. Non sicuramente la vecchia “Balena bianca” che non potrà mai più navigare nei mari della politica italiana. Ma una compagine dove il “bianco” che raffigura i “cattolici” uniti c’è. E a guardare l’elenco dei ministri del gabinetto Monti ci trovi, in posti chiave, tre esponenti di punta protagonisti a Todi: Andrea Riccardi, Cooperazione internazionale e l’integrazione; Corrado Passera, Sviluppo economico, Infrastrutture e Trasporti; Lorenzo Ornaghi, Beni Culturali. Un bottino di tutto rispetto. Vuoi vedere che da questa congiuntura economica negativissima ne nasce una politica positiva che chiude definitivamente la seconda Repubblica? Chissà.
A cura di Elia Fiorillo