Mind it! Child maltreatment: la personale di Astrid Castillo Quesada
Momenti come moniti, è l’obiettivo di “Mind it! Child maltreatment” la personale di Astrid Castillo Quesada, in mostra presso la Galleria Monteoliveto fino al 26 maggio. Nello spazio di Chantal Lora e Antonio Nicola Ciervo, all’11 di piazza Monteoliveto, la giovane e coinvolgente artista di origini spagnole, che vive e lavora in Germania, presenta cinque fotografie di grandi dimensioni per raccontare una tragedia che nella società contemporanea, all’avanguardia e sempre più detentrice di valori ed esempi, ancora persiste: la violenza sugli innocenti, sugli indifesi, e le sue spesso drammatiche conseguenze. L’esposizione, secondo appuntamento del progetto “Personale 5 – Fotografia”, si concentra sul maltrattamento dei minori e su ciò che ne deriva, non solo il trauma, ma anche la rinascita, perché tornare a vedere la luce, il bello, il buono nel prossimo è possibile. «Ogni dettaglio è scelto ad hoc, dal soggetto all’elaborazione -spiega l’artista- nulla è lasciato al caso, tutto è utile per raccontare, coinvolgere e far riflettere l’osservatore». Un percorso, una sorta di viaggio all’interno di questa innaturale perdita d’innocenza, di questo sopruso umano, di questo furto emotivo, si snoda nella Monteoliveto, a partire dallo sguardo agghiacciante di una madre, velato di dolore, mistura unica di paura e rabbia, uno sguardo denso d’affetto che abbaglia, mentre labbra sottili e serrate racchiudono il raggelante misfatto; ma il profilo di una bambina, i cui grandi e luminosi occhi gridano ancora teneramente fiducia, è il simbolo di una speranza ancora viva, nonostante le violenze: la sua ingenuità ha ancora il potere di prendere il sopravvento. La terza tappa di questo fortissimo e intenso ciclo espositivo è il dolore, quello sordo, che ha gli accenti della vergogna e dell’impotenza, che fa sentire lerci, segnati, emarginati, a raccontarlo è una ragazza, immobile in un angolo, raggomitolata in una maglia bianca, che un fascio di luce bagna di un languore turchino, mentre i suoi occhi si perdono dentro l’amarezza, fino a spegnersi, sgranati sul nulla, «perché il male ha tante facce, ma lascia sempre la stessa firma», afferma Manuela Vaccaro, l’artista partenopea che ha presentato l’evento espositivo insieme all’artista fotografo Luigi Montefoschi, che ne ha analizzato l’aspetto tecnico-stilistico. Ma l’energia, la forza di riscattarsi, di rinascere, di tornare a vivere veramente, si fa strada fino ad eruttare come lava di un vulcano, e deflagra, manifestando il flebile quanto fondamentale segnale di un nuovo inizio, che si sostanzia in una danza colorata di vita che fluisce, e in una primavera leggera, dove sovrapposizioni e stratificazioni combinano luci e armonie. A descrivere questo passaggio è Montefoschi, che sottolinea come questa scelta artistica ricalchi un bisogno concettuale: «due sono le elaborazioni, la prima, quella della violenza, fatta di leggerissime trame che imbrigliano, velano, soffocano, la seconda, quella della rinascita, fatta di sovrapposizioni, di doppi scenari, di altre possibilità». La resa emotiva di questa mostra è tale da amplificare uno degli obiettivi dell’arte, puntare l’attenzione anche su temi forti, per prendere coscienza «e -come sostiene Chantal Lora- cercare di risolverlo, per evitare che accada ancora».
Rosaria Morra