Musica e fotografia: Io sono precario, un workshop live per fotografare la precarietà moderna.
Domenica 15 gennaio, alla Mondadori di Napoli, Marco Smorra ha presentato il suo ultimo lavoro discografico “Marco Smorra e i Tempi Moderni“. Un lavoro irriverente, scanzonato, ma al tempo stesso impegnato. Dietro l’apparente leggerezza del distacco ironico, c’è la voglia di raccontare un mondo che insegue falsi miti e disvalori, travolto da banalità, smania di apparire, deliri di onnipotenza e nuovi disagi sociali. Scopo del cantautore pomiglianese, Marco Smorra, è quello di scandagliare le coscienze, svelare le illusioni, le menzogne e i paradossi del nostro tempo e proporre riflessioni sul precariato, sull’amore, sui difetti e i vizi degli Italiani.
La sua musica si lascia raccontare dagli scatti del giovane fotografo Giacomo Ambrosino, che attraverso il workshop live, “Io sono precario…”, ha cercato di immortalare il senso della precarietà moderna, cogliendo nei volti dei presenti, negli sguardi assenti o speranzosi, nei gesti rubati, nelle aspettative frustrate, il senso di incertezza che ormai anima non solo le nuove generazione. Lo abbiamo incontrato per rivolgergli qualche domanda.
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Com’è nata l’idea di coniugare musica e fotografia, dando vita ad “Io sono precario” durante la presentazione del lavoro discografico “Marco Smorra e i Tempi Moderni” ?
«Sin da piccolo sono stato appassionato di musica, passavo le ore ad ascoltare dischi oppure davanti ad Mtv. Poi è arrivata la fotografia: riuscire a fotografare artisti ad un live o ad un evento mi ha sempre divertito e appassionato. Marco è un mio caro amico, un bravissimo artista e cantautore. Il progetto nasce proprio da alcuni suoi testi legati al precariato. Colleghi questo fattore alle storie personali e l’inizio di questo progetto è stato solo il passo successivo, quasi obbligato».
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Cos’è per lei la fotografia e quale potere può avere oggi?
«Bella domanda. Henri Cartier-Bresson ha scritto “Non è la mera fotografia che mi interessa. Quel che voglio è catturare quel minuto, parte della realtà.” Voglio poter fermare il tempo, le mie emozioni, le mie sensazioni e quelle dei soggetti che ritraggo. La fotografia oggi è un’arte bellissima, che dovrebbe però raccontare delle storie con rispetto, con giudizio, con onestà».
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Cosa significa oggi essere precari?
«Non è facile oggi essere precari, il mondo si muove velocemente senza interessarsi delle condizioni di chi resta a piedi, né tantomeno di quelli che sono a bordo. È sentirsi frustrati, abbandonati, in bilico».
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In un mondo sempre più precario, in cui si investe poco sulla cultura e sulla formazione, si valorizza poco il merito e il talento, è difficile trasformare le proprie passioni in progetti concreti?
«La situazione è davvero complicata, ma non impossibile. Alcuni progetti personali si riescono anche a portare a termine, ma sono i tempi che si sono allungati, sono le certezze di un tempo che son venute a mancare. Bisogna, però, lottare e sperare che tutto ciò che hai pensato di realizzare alla fine vedrà la luce».
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La precarietà spesso infrange i sogni dei giovani, rende difficile intravedere un futuro oltre i foschi tempi presenti, eppure, come testimoniano gli indignados di tutto il mondo, c’è voglia di riprendere la propria vita in mano, perché “il nostro tempo è adesso”. Nel suo progetto c’è più rassegnazione per lo stato attuale della società o voglia di riscatto?
«Quello che sta accadendo nel mondo è davvero sintomo di un cambiamento che doveva avvenire per forza di cose. C’è il bisogno, la necessità di riprendere in mano il potere dei nostri diritti, tra cui quello di poter scegliere come vivere. Il nostro tempo è adesso e non possiamo più aspettare. Il progetto è partito proprio dalla consapevolezza di come siamo messi oggi, ma vuol essere un megafono della speranza e della forza che le persone mettono ogni giorno per andare avanti e lottare».
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Il workshop “Io sono precario” avrà un seguito? Se sì, cosa si aspetta da questo suo lavoro?
«Ho tante idee per il proseguo di IO SONO PRECARIO…, sicuramente porterò avanti il progetto recandomi presso delle fabbriche, dei cantieri, oppure in studio, con workshop, invitando persone e amici, anche loro in stati precari».
Giuseppina Amalia Spampanato